Nel 2013, mentre in Siria la tragedia si stava complicando ad oltranza ed io, seguace di uno sparuto
gruppo di voci nel deserto, cercavo di dare il mio contributo per denunciare le pesanti interferenze
di alcune potenze straniere1 nel paese, mi capitò l’occasione di compiere un viaggio di studio in
Crimea che, al tempo ancora parte della Repubblica Ucraina, era uno di quei luoghi della memoria
che mi intrigano irresistibilmente. In quella penisola che si sporge sul Mar Nero ed è un’estrema
propaggine del mondo mediterraneo volevo cercare in primo luogo le tracce dei tatari e degli ebrei
karaiti, come pure le memorie di una campagna bellica che, seppur lontana nel tempo, era stata per
certi versi il copione della Grande Guerra che avrebbe sconvolto l’Europa una cinquantina d’anni
dopo. Le guerre del passato sono infatti un filo rosso che permette con un certo agio di comprendere
eventi del presente e di anticiparne altri nel futuro.
Alla fine di quell’anno però, solo qualche mese dopo il mio ritorno in Italia, anche l’Ucraina - come
gli altri luoghi dove avevo viaggiato alla fine del primo decennio del XXI secolo - precipitò nel
caos e ci volle qualche tempo prima che si riuscissero a decifrare le dinamiche all’opera: dinamiche
giunte al tragico capolinea nel febbraio 2022 con l’invasione russa del paese. Il dramma che è oggi
sotto i nostri occhi ha infatti le sue origini in anni di eventi epocali come la dissoluzione
dell’Unione sovietica, la riunificazione tedesca e la liquidazione del Patto di Varsavia2
. Nel 1990/91
infatti i leader occidentali - George Bush, Kohl, Mitterrand e la Thatcher - in cambio delle iniziative
di Gorbačëv per mettere fine alla guerra fredda presero con quest’ultimo l’impegno che la NATO
non si sarebbe estesa verso est. A Mosca il segretario di stato statunitense James Baker promise che
la giurisdizione militare attuale della NATO non sarebbe avanzata “di un millimetro”. Documenti di
recente declassificati3 documentano questo accordo.
Molti leader dell’Europa occidentale erano al tempo favorevoli a porre le basi per una nuova grande
Europa, più autonoma rispetto agli USA. Tuttavia, con la dissoluzione dell’Unione Sovietica il
progetto paneuropeo fu abbandonato e la NATO, invece di seguire l’esempio del patto di Varsavia e
sciogliersi, da patto difensivo che era stata si riciclò in patto offensivo, rinnegando così una
promessa vitale per la Russia e resuscitando la guerra fredda che si sperava fosse definitivamente
conclusa. Fu questa la triste fine delle speranze di un nuovo ordine internazionale di pace e
collaborazione, e anche se nel 1993 Clinton fece balenare a Eltsin la possibilità di una “alleanza per
la pace”, l’Alleanza nord-atlantica continuò ad espandersi4, come si vede chiaramente dalle mappe in circolazione.
1 Claudia Berton, Terrorismo: come è NATO e chi lo USA, Dissensi
2 Firmato il 14 maggio 1955 in Polonia, il Patto - che sanciva l’alleanza politica e militare tra l’URSS e le nazioni
dell’Europa orientale - scaturiva dall’esigenza di contrastare l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO)
stabilita sei anni prima dalle democrazie occidentali alleate degli Stati Uniti, ed era anche una reazione all’ammissione
della Germania occidentale, uno dei due stati generati dalla divisione postbellica della Germania, alla NATO stessa
3 Si era detto che questa promessa non era stata messa per iscritto, ma documenti desecretati nel 2017 (cfr. sito del
National security Archive) confermano che i leader occidentali erano stati espliciti con il leader russo
4 Tra il 2004 e il 2020 i paesi membri della NATO aumentarono da 16 a 30, schierando armamenti offensivi fino ai
confini con la Federazione russa
La Russia, che dopo il crollo dell’URSS avrebbe aspirato ad essere integrata nell’Europa e dotata di meccanismi di sicurezza comuni, 5 ne è stata invece spinta ai margini e la UE, contro la sua stessa convenienza, ha preferito allinearsi nel vassallaggio agli USA . Per anni - mentre molti paesi dell’ex Patto di Varsavia venivano inglobati nella NATO - la Russia inghiottì obtorto collo questa enorme espansione in direzione orientale, ma quando nel 2008 al vertice NATO di Bucarest gli Alleati dichiararono che anche Georgia e Ucraina sarebbero in un prossimo futuro diventate paesi membri, dichiarò che questo sarebbe stato inaccettabile. Del resto, anche lo statunitense George Kennan, padre della dottrina del contenimento dell’espansionismo sovietico nel 1946 e ambasciatore a Mosca nel 1952, in un colloquio telefonico con Thomas Friedman sul New York Times il 2 maggio 1998 denunciò l’allargamento della NATO come “l’errore più fatale della politica statunitense dalla fine della seconda guerra mondiale. (…) Un tragico errore. Non c’è alcun motivo per questo. Nessuno stava minacciando nessuno. I russi non potranno che interpretare l’espansione della NATO come un’azione militare. Andranno a cercare altrove garanzie per la loro sicurezza e il loro futuro”. E nel suo libro di memorie - Duty: memoirs of a secretary at war - Robert M. Gates, ministro della difesa di George W Bush e di Obama, scrisse che “I rapporti con la Russia sono stati gestiti assai male dopo che Bush senior lasciò la casa Bianca nel 1993. (…) Cercare di portare la Georgia e l’Ucraina nella NATO fu davvero troppo. (…) Fu ignorare sconsideratamente quelli che i russi consideravano i loro vitali interessi”. Con la NATO schierata in Ucraina Mosca sarebbe sotto tiro in modo inaccettabile per una grande potenza. Vogliamo ricordare cosa accadde e come si comportò il presidente Kennedy quando nell’ottobre 1962 la Russia schierò missili a Cuba? Negli anni Putin ha fatto reiterate proposte perché la Russia fosse inclusa in politiche paneuropee e non ha mai rinunciato al dialogo. L’11 febbraio 2007, nel corso della Conferenza di Monaco sulla sicurezza, disse chiaramente che l’espansione della NATO rappresenta una grave provocazione che riduce il livello della reciproca fiducia: “Abbiamo il diritto di chiedere: contro chi è diretta questa espansione? E cosa ne è stato delle assicurazioni date dai nostri partner occidentali dopo la fine del Patto di Varsavia?”. Ancora nel 2009, il presidente propose persino un trattato per la sicurezza in Europa. Le sue proposte però sono sempre state completamente ignorate. Dopo aver ottenuto l’indipendenza nel 1991, l’Ucraina ha avuto per anni una funzione di Stato cuscinetto tra Federazione russa e Stati membri della NATO, ma con il colpo di Stato che nel 2014 ha destituito il governo legittimo la situazione è cambiata. Innanzitutto si sono varate misure repressive nei riguardi delle popolazioni russofone, a cui fra l’altro è stato impedito di usare la loro lingua. Come nel caso delle varie “primavere arabe”, non c’è dubbio che in un primo tempo anche la sollevazione nel Maidan di Kiev, iniziata nell’autunno 2013, fosse motivata da effettive recriminazioni e da autentiche, comprensibili aspirazioni del popolo, che però anche qui - come era accaduto in Nordafrica e Medio Oriente - furono ben presto alienate da trame e interessi tutt’altro
5 L’aspirazione russa a integrarsi con l’occidente risale al X secolo, ai tempi di re Vladimir che, come scrive Anna Reid, “schierò per sempre le ambizioni del Rus in Europa invece che in Asia”. Prendendo il cristianesimo da Bisanzio invece che da Roma, e unendo insieme nell’ortodossia i futuri russi, ucraini e bielorussi, li divise fatalmente dai loro vicini cattolici, i polacchi”. Cfr. Anna Reid, Borderland, ed. WestView; Heléne Richard, “Quando la Russia sognava l’Europa”, e Philippe Deschamps, “La NATO non si allargherà di un millimetro a est” in: Le Monde Diplomatique n.9 anno XXV, settembre 2018
che limpidi. La rivolta fu all’apparenza innescata dal ritiro dai negoziati per l’accordo associativo con la UE6 , ritenuto troppo gravoso per il paese7 dal presidente Yanukovyč: un personaggio certamente non limpido né inattaccabile, ma regolarmente eletto nel 2010 dal 52% degli ucraini in elezioni che gli osservatori internazionali dell’OSCE giudicarono “sufficientemente corrette”. Iniziata con manifestazioni pacifiche, la protesta presto degenerò nella violenza, con “misteriosi” cecchini che sparavano sulla folla e massacravano poliziotti: 106 furono i morti e 1.811 i feriti. Nonostante il 21 febbraio 2014 Yanukovyč si fosse accordato con l’opposizione sostenuta dall’Occidente e con tre ministri degli esteri della UE perché si tenessero nuove elezioni a breve termine, questo non fu sufficiente per i rivoltosi: una folla violenta guidata dalla milizia di estrema destra Praviy Sektor e da altri gruppi della stessa ideologia8 invase il palazzo del parlamento. Yanukovyč fuggì e il Parlamento accettò il colpo di Stato e appoggiò un nuovo governo filooccidentale9 , immediatamente riconosciuto dagli USA nonostante non avesse nessuna legittimità elettorale. Questo governo subito proibì l’uso della lingua russa su tutto il territorio nazionale. Dopo il mio viaggio a Kiev e in Crimea ero rimasta in contatto con Galya, la brava guida che avevo avuto nella capitale ucraina, e da lei ricevevo via mail la cronaca delle vicende in corso. Nel dicembre 2013, quando le inviai un articolo che attribuiva le proteste a pressioni antigovernative sotterranee da parte della NATO e della UE, Galya mi rispose: “Quel giornalista non ha capito niente degli eventi attuali. Ci siamo sollevati non tanto per la UE, ma per i valori democratici, violati dal potere corrotto e anti-ucraino. Non otterremo niente, le forze non sono pari, ma almeno stiamo cercando di dimostrare che la dignità di questo popolo non è ancora distrutta da questo regime inumano”. “Secondo molti testimoni numerosi stranieri erano stati introdotti tra la folla, con lo zampino della CIA, da gruppi filo-occidentali”, ha raccontato il regista Oliver Stone in un suo documentario. Galya però, nel nostro scambio di messaggi mail, continuava a sostenere l’innocenza e le buone ragioni dei manifestanti del Maidan e sembrava ignorare le mie velate insinuazioni che la piazza fosse stata infiltrata da personaggi tutt’altro che raccomandabili, come le squadracce dei nazionalisti del partito razzista e antisemita Svoboda10 e dei neonazisti paramilitari ultranazionalisti
6 L’ente governativo americano USAID pochi giorni prima aveva svolto un’indagine in Ucraina da cui risultava che solo il 40% della popolazione preferiva l’opzione europea: era lo specchio della divisione del paese tra filoeuropei e filorussi
7 L’accordo con la UE era infatti legato al finanziamento del controverso Fondo Monetario
8 Nel maggio 2014 venne fondato da Andriy Biletsky, noto come il Fuhrer bianco, con lo scopo principale di contrastare le crescenti attività di guerriglia dei separatisti filo-russi del Donbass il battaglione Azov, un reparto di ideologia neonazista con compiti militari e di polizia, che nell’ottobre successivo fu inquadrato nella Guardia nazionale dipendente dal Ministero degli interni e addestrato da istruttori USA e NATO. Il suo emblema è ricalcato su quello delle SS Das Reich e la formazione ideologica delle reclute è modellata su quella nazista. L’esercito ucraino è dunque l’unico in Europa ad includere nelle sue fila una formazione neonazista
9 La Commissione europea volle indagare sull’accaduto e inviò a Kiev una delegazione guidata dal ministro degli esteri estone Urmas Paet. Nonostante fosse un convinto atlantista, Paet riferì che le prove dimostravano che le vittime, sia tra i poliziotti che tra i manifestanti, erano state uccise dagli stessi cecchini, miliziani sostenitori del golpe
10 In un’ottica di rispettabilità Svoboda, che prima si chiamava partito social-nazionalista d’Ucraina, ha abbandonato il Wolfsangel (antico simbolo runico di cui si appropriarono i nazisti della divisione tedesca SS Das Reich e anche una serie di organizzazioni neofasciste europee dopo il 1945), che continua però ad essere usato, mentre il nuovo simbolo di Svoboda rievoca il tridente ucraino
di Praviy Sektor11, il “settore destro” sostenute da USA/NATO per la convergenza dei loro interessi contro la Russia. Il panzer Victoria “fuck Europe”12 Nuland - moglie del neocon Kagan e assistente segretario di stato di Hillary Clinton, fotografata tra i neonazi e mentre distribuiva pane e biscotti ai manifestanti - fu tra i promotori sul campo degli eventi, mentre il garante politico fu l’allora vicepresidente di Obama Joe Biden, che si recò in Ucraina a impartire ordini. Fu Biden a selezionare il futuro presidente ucraino, l’oligarca Poroshenko13, e a promettere aiuti ed assistenza nel settore energetico per liberare l’Ucraina dalla dipendenza economica dalla Russia. E fu sempre Biden a spingere gli ucraini a riprendere il possesso delle zone del Donbass che si erano proclamate repubbliche indipendenti nel 2015: zone ricche di materie prime e di giacimenti di gas che, non ancora completamente esplorati, fanno gola alla Burisma Holdings, la più importante società di estrazione di gas e petrolio dell’Ucraina. Come ringraziamento per il sostegno di Biden, qualche settimana dopo suo figlio Hunter fu nominato, ufficialmente come esperto legale, nel consiglio di amministrazione della Burisma con uno stipendio di 50mila dollari al mese, nonostante non parlasse la lingua e non avesse particolari esperienze nel campo energetico14 . Terra sul confine, secondo il significato del suo nome, l’Ucraina - divisa tra Russia e Polonia da metà 17° secolo alla fine del 18°, tra Russia e Austria nel 19° e tra Russia, Polonia, Cecoslovacchia e Romania tra le due guerre mondiali - è sempre stata spaccata tra la tensione verso l’Europa nella parte occidentale e quella verso il grande vicino russo in quella orientale. La Russia peraltro è simbolicamente legata a questo paese perché nacque proprio a Kiev: il suo primo nucleo infatti fu appunto il Rus di Kiev, che si formò intorno al IX secolo come confederazione di città a carattere commerciale dal Baltico al Mar Nero, guidata dalla dinastia vichinga di Rurik, che ben presto però si slavizzò. A dare il colpo finale al Rus di Kiev qualche secolo dopo sarebbero state le invasioni turco-mongole, quando Mosca era ancora un insignificante avamposto commerciale nella foresta. Negli anni venti e trenta del Novecento l’Ucraina ha subito le conseguenze peggiori della politica stalinista, con una spaventosa carestia, l’Holodomor, provocata con le requisizioni forzate dei raccolti e con la successiva persecuzione dei contadini meno poveri, i kulaki, che causò vari milioni di vittime. Durante la seconda guerra mondiale l’Ucraina fu occupata dai tedeschi, che vi sterminarono la minoranza ebraica e crearono un esercito ucraino collaborazionista: tra l’altro, 80.000 ucraini furono reclutati per far parte della Divisione Galizien delle Waffen SS. Durante l’occupazione la Crimea fu teatro di alcune tra le battaglie più sanguinose, e la città di Sebastopoli resistette eroicamente dall’ottobre 1941 fino al 4 luglio 1942, quando dovette cedere agli occupanti. Nel
11 La loro bandiera rosso-nera è quella usata a suo tempo dai collaborazionisti dei nazisti guidati da Stepan Bandera, criminale di guerra che è l’eroe di questa organizzazione, che si è distinta per il massacro nella Casa dei sindacati di Odessa il 2 maggio 2014
12 Così disse in una telefonata all’ambasciatore degli USA in Ucraina la Nuland, che si fece fotografare a braccetto con i neonazisti durante la rivolta nel Maidan e impose alla UE per l’Ucraina un proprio candidato - un neonazista vicino al battaglione Azov - dopo il cambio di regime
13 Nel 2015, nonostante quasi tutte le posizioni di responsabilità fossero occupate dai suoi sostenitori, l’indice di popolarità del presidente era sceso sotto il 20%. Tuttavia, mentre il paese sprofondava nella crisi economica la sua fortuna era aumentata di 400 milioni di dollari
14 Queste vicende, riesumate da Trump contro Biden durante la campagna elettorale del 2020, fecero scoppiare il cosiddetto Ucrainagate. Trump premette su Zelensky, il nuovo presidente ucraino, perché aprisse un’inchiesta nei confronti di Hunter Biden e dei suoi rapporti con la Burisma, ma l’inchiesta non vi fu e Trump sospese gli aiuti economici e militari all’Ucraina
1944, dopo la liberazione ad opera delle truppe sovietiche, l’intera popolazione dei tatari della penisola venne deportata con la forza da Stalin, come punizione perché gran parte della comunità aveva combattuto a fianco del Terzo Reich15 . Dopo la guerra quasi tutti i territori abitati da ucraini vennero annessi alla Repubblica Sovietica Socialista d’Ucraina, alla quale nel 1954 venne unita anche la Crimea, che dal 1783 fino ad allora aveva fatto parte della Russia. Promotore dell’unione, nel trecentesimo anniversario del Trattato di Pereyaslav tra i cosacchi ucraini e la Russia - cioè dell’unione tra i due paesi - furono Nikita Kruscev e Nikolaj Podgorny, entrambi ucraini di origine. Il dono della Crimea all’Ucraina era un gesto di conciliazione per far dimenticare agli ucraini la brutale collettivizzazione della terra negli anni Trenta, la tremenda carestia, la spietata lotta ai kulaki e il trasferimento forzato dei contadini renitenti aldilà degli Urali. Al tempo stesso era segno che la Russia aveva perdonato gli ucraini per aver accolto entusiasticamente gli invasori tedeschi. Questo gesto dimostrava anche l’importanza che lo Stato centrale attribuiva all’Ucraina per la propria sicurezza e integrità. Se la popolazione della Crimea non protestò per il “trasferimento” della penisola, fu perché questo avvenne nell’ambito dell’URSS e nessuno parve notare il cambiamento, se non quando all’improvviso per le strade iniziarono a comparire cartelli in lingua ucraina. Fu con la dissoluzione dell’URSS e l’indipendenza dell’Ucraina nel 1991 che la perdita della Crimea venne percepita come un duro colpo dai nazionalisti russi e in particolare dagli abitanti di Sebastopoli, città fortezza fin dai tempi degli zar, che aveva subito due terribili assedi - durante la guerra di Crimea nell’Ottocento e nel corso della II guerra mondiale - comportandosi con un tale eroismo che nel 1948 fu premiata con il conferimento di uno statuto speciale, acquisito con decreto del Presidium del Soviet Supremo della SFSR16. La presenza dell’importantissima base russa a Sebastopoli è una delle ragioni della forte russificazione della Crimea. “E’ un paradosso della storia che Sebastopoli, la città della gloria russa, sia fuori dalla Russia”, scrisse un poeta nazionalista. Nel 1997 tra Ucraina e Russia fu stipulato un accordo ventennale in virtù del quale Mosca aveva il diritto di dispiegare un centinaio di navi della flotta russa e 25 mila militari nella sua base di Sebastopoli, per la quale pagava all’Ucraina 100 milioni di dollari l’anno. Nel 2010 i parlamenti russo e ucraino ratificarono un nuovo accordo, che estendeva di altri 25 anni la permanenza della flotta in cambio di uno sconto del 30% sulle forniture del gas russo, per un valore complessivo di 40 miliardi di dollari: condizioni che sono radicalmente mutate dopo la caduta nel 2014 del presidente ucraino Viktor Yanukovyč. Alle pesanti intromissioni dell’amministrazione Obama nel colpo di Stato del 2014 in Ucraina la Russia rispose annettendosi la Crimea. Quasi due secoli dopo la guerra del 1853-56 - quando la Russia zarista, che aveva sperato di infliggere un colpo agli Ottomani, si era trovata a dover combattere contro una coalizione franco-britannica e il risultato delle ostilità aveva mutato lo status quo europeo - la penisola occupò nuovamente le prime pagine dei giornali. Il 23 febbraio 2014, infatti, a Sebastopoli si tennero manifestazioni a favore della Russia e il 27 truppe in divise verdi senza insegne occuparono il parlamento della Crimea, presero punti strategici della penisola e
15 Il 46% dei deportati morì per la fame e le malattie. Solo nel 1967 i tatari di Crimea vennero riabilitati, ma venne loro vietata la possibilità di tornare legalmente nella loro patria fino agli ultimi giorni dell’Unione Sovietica. Il 29 gennaio 1942 era stata deportata anche la minoranza italiana di Crimea, che si era formata a partire dal 1830 per un flusso migratorio proveniente soprattutto dalla Puglia
16 Repubblica socialista federativa sovietica russa
iistaurarono un governo filo-russo, mettendo così al sicuro la flotta a Sebastopoli. Il mese successivo un referendum, contestato dall’Occidente17 , chiese alla popolazione se voleva unirsi alla Russia come membro federale o restaurare la Costituzione della Crimea del 1992 e il proprio status come parte dell’Ucraina. Il risultato ufficiale fu che il 96,77% degli elettori e il 95,6% degli abitanti di Sebastopoli votarono a favore dell’adesione alla Federazione russa. Prendendo esempio dalla Crimea, le province a maggioranza russa di Donetsk e Luhansk nel Donbass hanno poi dichiarato unilateralmente l’indipendenza dall’Ucraina, e si è così innescata una sanguinosa guerra civile tra forze sostenute dalla Russia e forze ucraine appoggiate dagli USA. Prima del 2014 Donetsk era una delle città più benestanti e ben tenute dell’Ucraina: nel 2012, in occasione del campionato di calcio europeo che aveva ospitato, era stata dotata dell’aeroporto più moderno del paese, oggi distrutto, e di uno stadio nuovissimo che al momento viene usato come mensa dei poveri e magazzino. Sotto l’egida dell’Occidente l’Ucraina ha dunque continuato ad essere un paese gestito da oligarchi in competizione fra loro, piagato dalla corruzione, da impunità politica e da una giustizia selettiva. Delle speranze degli onesti manifestanti della prima ora del Maidan ben poco è rimasto. Pesa sul paese la separazione dalla Crimea e quella di fatto dalle ricche regioni di Donetsk e Lugansk dove, oltre a miniere di carbone, c’è - o sarebbe meglio dire c’era - una fiorente industria aerospaziale e si producevano manufatti ad alta tecnologia. L’integrazione di questa regione nel mercato dell’Unione europea significherebbe la distruzione di centinaia di migliaia di posti di lavoro altamente qualificati. D’altro canto la forte spinta a sinistra in molti settori popolari del Donbass18 perché vengano nazionalizzati settori fondamentali dell’economia e si attuino misure sociali è contrastata sia dall’oligarchia ucraina che da quella russa. La decisione del governo ucraino, appoggiato dagli Stati Uniti, di imbarcarsi nel 2014 in un’operazione militare contro le popolazioni del Donbass ha prosciugato le casse dello Stato, già saccheggiate dagli oligarchi prima e dopo il colpo di Stato del Maidan, e ha aumentato a dismisura i debiti con l’implacabile Troika e con gli USA. La situazione in Ucraina dipende dalla tensione tra la potenza oltre Atlantico e la Russia, mentre l’Europa - fino al febbraio 2022 - era più propensa a trattare perché non aveva alcun interesse a sviluppare una guerra di grandi dimensioni ai propri confini. Gli Stati Uniti, tuttavia, hanno spinto per uno scontro importante. Quando, dopo il colpo di Stato del 2014, la situazione economica in Ucraina subì un tracollo, il Fondo monetario si offrì di sostenere il paese ma, com’è suo costume, al prezzo di pesanti piani di austerità e ulteriori privatizzazioni e dell’impegno del nuovo regime a riprendere il controllo di tutto il paese. Di fatto dunque sono stati il FMI e gli Stati Uniti a spingere il regime ucraino a scatenare una sanguinosa guerra civile nel Donbass. Nel 2019 la Rand Corporation - think tank Usa fondato nel 1946 con il sostegno finanziario del Dipartimento della Difesa statunitense - in uno studio per individuare le tattiche per contrastare la Russia metteva al primo posto la necessità di fornire aiuti all’Ucraina, quindi di schierare un gran numero di forze NATO al confine con la Russia e di aumentare la
17 Tredici membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite votarono a favore di una risoluzione che dichiarasse non valido il referendum, ma la Russia pose il veto e la Cina si astenne. L’Assemblea generale dell’ONU adottò poi, con 100 voti a favore, 11 contrari e 58 astenuti, una risoluzione che dichiarava non valido il referendum e affermava l’integrità territoriale dell’Ucraina
18 Nel Donbass è sentire comune che le privatizzazioni degli anni novanta di miniere, industrie e del settore energetico siano state un furto della proprietà popolare
capacità dell'Europa di importare gas da fornitori diversi dalla Federazione russa e di incoraggiare l'emigrazione dal paese di manodopera qualificata e di giovani ben istruiti. Questo programma sembra lo specchio di quanto sta accadendo dalla fine del febbraio 2022, ed è evidente come per la realizzazione di questo programma l’invasione russa dell’Ucraina sia stata provvidenziale. E’ dunque in corso una sanguinosa guerra contro la Russia degli Stati Uniti, sostenuti da tutta la NATO, che usa l’Ucraina come campo di battaglia: una guerra per procura, dunque, come ha riconosciuto nientemeno che Leon Panetta, già direttore della CIA e poi segretario della difesa nell’amministrazione Obama. Una guerra che sarà la rovina dello Stato in cui viene combattuta. Secondo le stime dell’ONU gli ucraini vivono in media con meno di 5 dollari al giorno e per riscaldarsi pagano il 450% in più che nel passato19. Per contro, sotto i dettami della NATO sotto stretto comando USA l’esercito del paese è diventato una delle più forti potenze militari in Europa. Galya, di cui posso anche comprendere l’ostilità verso la Russia, non reagisce alla mia subliminale campagna contro l’Unione europea e gli Stati Uniti: le nostre esperienze sono diverse ed è naturale che ognuna di noi critichi ciò di cui ha fatto esperienza. Il suo entusiasmo di sette anni fa sembra però scomparso nel 2020. “Siamo poveri” - mi scrive - “(pardon, il popolo sì, ma qualche miliardario e prima di tutto quelli collegati con il settore sanitario, con il Covid sono diventati ancora più ricchi). Il governo incompetente e populista non ha un programma chiaro e trasparente. Ad esempio, adesso fa molto freddo, quasi ogni giorno fa -19° o -20°, ma all’inizio dell’anno hanno aumentato di circa il 30% le tariffe per gas ed energia elettrica. Con piccoli stipendi e pensioni i guadagni non bastano a pagare le bollette”. Da parte mia trovo ormai inutile sottolineare con lei che, nonostante l’economia debolissima e l’alto livello del debito pubblico, il suo paese continua ad aumentare le spese per l’esercito, la polizia e i servizi speciali. Nel 2020 gli esborsi per le Forze armate sono stati 9,9 miliardi di dollari: 1,3 più che nell’anno precedente. Di conseguenza, le spese sociali vengono ulteriormente ridotte: ma questa è la disgraziata prassi comune nei paesi dominati dal neoliberismo. Tuttavia, non mi trattengo dall’inviarle una mappa in cui sono indicate le basi USA/NATO collocate lungo i confini della Russia: un’eloquentissima indicazione di chi minaccia chi, che vale più di tante parole per smentire le dichiarazioni americane del “pericolo russo”. A questa mail però Galya non ha risposto. Dopo il colpo di Stato del 2014 l’Ucraina ha pesantemente ridotto il volume dell’acqua che confluisce nel canale di Crimea, costruito nel 1957, motivando l’azione con il debito della penisola per le forniture idriche. In conseguenza della scarsità d’acqua in Crimea i raccolti del 2014 sono andati distrutti. Di questo però i media occidentali mainstream non hanno fatto parola, così come hanno taciuto sull’assassinio - avvenuto due anni prima di quello in Egitto di Giulio Regeni, a lungo invece fortemente mediatizzato - del giovane fotogiornalista italiano Andrea Rocchelli, trucidato insieme all’attivista dei diritti umani russo Andrej Mironov20 mentre documentavano le brutalità commesse dal governo ucraino contro la popolazione civile del Donbass. Per il duplice omicidio fu arrestato un militante neonazista e vice comandante della Guardia nazionale21, che fu condannato in
19 Questi dati si riferiscono agli anni precedenti all’invasione russa del febbraio 2022
20 L’unico superstite del gruppo, il francese William Roguelon - che rimase irreparabilmente ferito - raccontò che erano stati colpiti da mortai e armi automatiche dalla collina di Karachun, dove erano stazionati la Guardia nazionale e l’esercito ucraino. Le ultime foto fatte da Rocchelli prima della sua morte forniscono testimonianze sulle modalità dell’attacco. La guerra del governo ucraino contro le popolazioni del Donbass ha causato, dal 2014 all’inizio del 2022, circa 14.000 vittime
21 Vitalij Markiv, che ha doppia cittadinanza, italiana e ucraina
primo grado, nel luglio 2019, dalla corte penale di Pavia a 24 anni di reclusione, inchiodato dalle foto scattate dal suo stesso cellulare e definite raccapriccianti dagli inquirenti. Dopo la condanna però il Governo ucraino ha lanciato contro l’Italia una violenta campagna mediatica in sostegno dell’assassino, insultando e minacciando la famiglia Rocchelli, la magistratura italiana e la Federazione nazionale della Stampa che al processo si era costituita parte civile. Sponsor di questa campagna sembra siano stati gli uffici dell’ambasciata USA e tanta è stata la pressione sui magistrati italiani che la sentenza è stata poi cancellata e l’assassino assolto. Poco parlarono, i nostri media, anche della strage di Odessa, dove il 2 maggio 2014 nella Casa dei Sindacati, in un rogo preceduto e seguito da linciaggi e violenze nei confronti degli aggrediti - manifestanti contrari al nuovo governo filo-occidentale, simpatizzanti filorussi e membri di partiti di estrema sinistra - trovarono la morte22 almeno 48 persone ad opera di estremisti di destra, nazionalisti filo-occidentali e neonazisti del battaglione “Azov”, reparto militare ucraino inquadrato nella Guardia nazionale e istituito con lo scopo principale di contrastare le crescenti attività di guerriglia dei separatisti delle due repubbliche russofone e russofile del Donbass. E hanno sempre taciuto, i media mainstream, sui crimini compiuti contro questa regione separatista23 mentre USA e NATO armavano e finanziavano l’Ucraina, come sul fatto che Kiev ha bombardato anche con il fosforo bianco le due repubbliche, con le quali ha rifiutato di negoziare direttamente già durante gli incontri di Minsk del settembre 2014. Accordi, quelli di Minsk, che prevedevano il riconoscimento delle due repubbliche del Donbass da parte dell’Ucraina come regioni a statuto speciale, ed erano stati firmati sotto l’egida dell’OSCE da Russia, Ucraina, Repubblica popolare di Donetsk e Repubblica popolare di Lugansk, ma purtroppo non sono stati mai applicati dal governo ucraino24 . L’OSCE più volte si è detto preoccupato per le violazioni del cessate il fuoco sul confine del Donbass e ha esortato Kiev ad osservare le disposizioni stabilite a Minsk. I suoi dati25 parlano di più di 13.000 morti fra civili e militari nel Donbass in otto anni - vittime il cui numero nel 2021 è aumentato del 46% rispetto all’anno precedente - ma non abbiamo certo avuto notizia di questi dati sui nostri media mainstream26. Come non abbiamo letto delle centinaia di edifici bombardati e distrutti. Nonostante il 27 luglio 2020 fosse entrato in vigore un cessate il fuoco globale nell’area del Donbass, gli attacchi e i bombardamenti degli insediamenti delle Repubbliche popolari oltre la linea di contatto stabilita dagli accordi di Mink sono ripresi da parte di Kiev solo pochi mesi dopo. Né abbiamo letto che dal 2014 al 2021, sempre in violazione degli accordi di Minsk, i paesi NATO hanno fornito a Kiev tonnellate di munizioni e armamenti per un valore di 2,5 miliardi di dollari, e che a fine 2021 i tre quarti dell’esercito ucraino erano concentrati sul confine con il Donbass. Non ci hanno nemmeno informato che la Russia si è seduta al tavolo per trattare con quasi tutti i presidenti e i ministri degli esteri occidentali, ma senza risultati perché nessuno di questi voleva
22 Quelli che scamparono all’incendio buttandosi dalle finestre e non morirono nella caduta, furono uccisi a colpi di fucile e bastonate. Non intervennero né la polizia né i vigili del fuoco
23 L’8 settembre 2014 il segretario generale di Amnesty International, Salil Shetty, in un incontro a Kiev col premier Yatsenyuk fece pressioni perché ponesse fine agli abusi e ai crimini di guerra compiuti dal battaglione Aidar, responsabile della lotta contro l’insurrezione filo-russa e formato da volontari che operavano con le Forze armate ucraine
24 L’anno dopo, il 12 febbraio 2015, Germania, Francia, Russia e Ucraina concordarono un nuovo cessate il fuoco, gli accordi di Minsk II, disattesi come i precedenti dall’Ucraina. Ma questo i media occidentali non l’hanno comunicato!
25 Cfr. LUISS, Sicurezza internazionale: “Donbass: OSCE preoccupato per le crescenti violazioni del cessate il fuoco”, pubblicato il 15/6/2021
26 Nessuna delle 5.588 denunce presentate dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani alla Corte europea per i diritti umani è stata accolta
davvero un accordo, e anche se la Russia offriva di demilitarizzare l’Ucraina e renderla uno Stato cuscinetto per il transito di gas e di merci, tutti continuavano a ribadire che il paese aveva il diritto di entrare nella NATO. Come scrive Manlio Dinucci27 , “In questi otto anni forze e basi USA/NATO con capacità di attacco nucleare sono state dislocate ancora più a ridosso della Russia, ignorando i ripetuti avvertimenti di Mosca. Il 15 dicembre 2021 la Federazione russa ha consegnato agli Stati Uniti un articolato progetto di trattato per disinnescare questa esplosiva situazione (Il Manifesto,“ ‘Mossa aggressiva’ russa: Mosca propone la pace”, 21 dicembre 2021). Non solo è stato anch’esso respinto ma, contemporaneamente, è cominciato lo schieramento di forze ucraine28, di fatto sotto comando USA/NATO, per un attacco su larga scala ai russi del Donbass. Da qui la decisione di Mosca di porre un alt alla escalation aggressiva USA/NATO con l’operazione militare in Ucraina”. Non ci hanno nemmeno detto, i nostri media, che per il 24 febbraio erano previsti a Ginevra tra Russia e Stati Uniti colloqui a livello di ministri degli esteri ma che tuttavia, quando la delegazione russa era già pronta a partire per la Svizzera, gli americani si sono rifiutati di prendere parte all’incontro, lasciando intendere che non avevano nulla da negoziare con la Russia. Tutti questi silenzi hanno pavimentato la via verso l’odierna guerra: una guerra che oggi si proclama sia stata causata dall’invasione dell’Ucraina da parte delle forze russe, ma che da otto anni - con l’escalation aggressiva della NATO - continua in quel Donbass filorusso che Putin - così egli afferma - è poi sceso in campo per proteggere. Scrive il professore Franco Cardini29 - di certo non un mestatore ma un osservatore imparziale e, in questi tempi in cui prevale il pensiero unico filo-atlantista, coraggioso - a proposito di tutti quelli che gridano “fermare la guerra!”: “Fermare la guerra. Era già in atto da tempo, ma ‘l’Occidente’ - questa parola infame e ambigua, che oggi sembra tornare di gran moda - non faceva nulla per ridurre il governo ucraino a più moderati consigli. Al contrario. L’aggressività di Zelensky nei confronti del Donbass si fondava sulla ferma convinzione che la NATO fosse disposta a tutto pur di mettere a punto il suo disegno di avvicinarsi varie centinaia di chilometri alla frontiera russa e installarvi i suoi missili a testata nucleare puntati su Mosca, quelli in grado di colpire a oltre 3000 chilometri. Il governo russo ammoniva severamente, poi minacciava: ma si era sicuri che non avrebbe osato. Invece, alla fine ha osato eccome. Non come aggressore, ma come a sua volta minacciato di aggressione” . Nel marzo 2014, quando la Russia si era ripresa la Crimea, Noam Chomsky aveva scritto30: “Quanto alla Crimea, faccio davvero fatica ad associarmi all’indignazione dell’Occidente. Leggo in questi giorni editoriali assurdi, a livello di guerra fredda, che accusano i russi di essere tornati sovietici, parlano di Cecoslovacchia, Afghanistan. Ma dico, scherziamo? Per un giornalista, un commentatore politico, scrivere una cosa del genere, oggi, significa avere sviluppato una capacità di
27 Il Manifesto, 1 marzo 2022
28 Nonostante l’attuale presidente ucraino Zelensky avesse di recente dichiarato che non c’era nessuna minaccia imminente da parte della Russia, è stato incoraggiato, con la promessa americana di un aiuto militare, a bombardare di nuovo il Donbass per riprenderselo e ha insistito per essere ammesso nella NATO in extremis
29 Cfr. Minima Cardiniana 367/2 Domenica 27 febbraio 2022
30 “Noam Chomsky sulla Crimea : Altro che feroce invasione!!” in : I l Manifesto, 19 marzo 2014
asservimento e subordinazione al ‘pensiero comune’ che nemmeno Orwell avrebbe potuto immaginare. Ma come si fa? Mi sembra di essere tornato ai tempi della Georgia, quando i russi, entrando in Ossezia e occupando temporaneamente parte della Georgia, fermarono quel pazzo di Shakaashvili, a sua volta (mal) ‘consigliato’ dagli Usa. I russi, all’epoca, evitarono l’estensione del conflitto, altro che ‘feroce invasione’” . Otto anni dopo, il 6 marzo 2022, il generale Paolo Inzerilli, Capo di Stato Maggiore del Sismi e per 12 anni comandante della Gladio - struttura militare segreta appartenente alla rete internazionale Stay-behind, creata per contrastare una possibile invasione nell'Europa occidentale da parte dell’Unione Sovietica - ha detto: “Credo che nessuno possa avere dubbi sul mio sentimento anti russo, però questa volta sono più dalla parte di Putin che non da quella di Zelensky. (…) La Russia, fin da quando era zarista, è sempre stato un Paese a disagio perché si è sempre sentita circondata, in qualche modo bloccata, sentivano di non avere libertà di movimento. Con l’Unione Sovietica era lo stesso, perché è stata creata la NATO contro l’eventuale espansionismo sovietico. La situazione, dunque, si è tramandata. Tutto quello che sta succedendo adesso, perciò, è sempre dovuto al fatto che la Russia, non più Unione Sovietica, ha paura, si sente circondata da Paesi ostili. E il presidente dell’Ucraina, Zelensky, a mio parere fa una dimostrazione di forza quando in effetti tutto quello che la Russia ha chiesto è la dichiarazione ufficiale di non ingresso dell’Ucraina nella NATO e la demilitarizzazione del Paese. Ecco, non mi sembrano richieste assurde, ma Zelensky non ne vuole sapere”31 . Come andrà a finire il tragico conflitto in corso fra parenti stretti come sono russi e ucraini? Quanto a me, che detesto ogni forma di violenza, osservo che le radici di ciò che accade affondano sempre nella storia passata. Così, la guerra di Crimea - l’interesse per la quale mi ha portata a suo tempo a scrivere un testo basato sul mio viaggio sulle sue tracce - mi sembra essere un primo evento che motiva la delusione della Russia nei riguardi dell’Europa e la sua percezione di essere accerchiata da potenze ostili a cui allude il generale Inzerilli. In questo spirito ripercorro oggi, con dolore e anche rabbia, i luoghi che ho conosciuto nel mio viaggio del 2013 in Crimea - splendida penisola così ricca di storia, di scontri ma anche di incontri fecondi, cantata da tanti poeti e letterati celebri - il cui popolo, insieme a quello ucraino, è ancora una volta vittima dell’implacabile, violenta macina della Storia.
31 Il Tempo.it, 6 marzo 2022
gruppo di voci nel deserto, cercavo di dare il mio contributo per denunciare le pesanti interferenze
di alcune potenze straniere1 nel paese, mi capitò l’occasione di compiere un viaggio di studio in
Crimea che, al tempo ancora parte della Repubblica Ucraina, era uno di quei luoghi della memoria
che mi intrigano irresistibilmente. In quella penisola che si sporge sul Mar Nero ed è un’estrema
propaggine del mondo mediterraneo volevo cercare in primo luogo le tracce dei tatari e degli ebrei
karaiti, come pure le memorie di una campagna bellica che, seppur lontana nel tempo, era stata per
certi versi il copione della Grande Guerra che avrebbe sconvolto l’Europa una cinquantina d’anni
dopo. Le guerre del passato sono infatti un filo rosso che permette con un certo agio di comprendere
eventi del presente e di anticiparne altri nel futuro.
Alla fine di quell’anno però, solo qualche mese dopo il mio ritorno in Italia, anche l’Ucraina - come
gli altri luoghi dove avevo viaggiato alla fine del primo decennio del XXI secolo - precipitò nel
caos e ci volle qualche tempo prima che si riuscissero a decifrare le dinamiche all’opera: dinamiche
giunte al tragico capolinea nel febbraio 2022 con l’invasione russa del paese. Il dramma che è oggi
sotto i nostri occhi ha infatti le sue origini in anni di eventi epocali come la dissoluzione
dell’Unione sovietica, la riunificazione tedesca e la liquidazione del Patto di Varsavia2
. Nel 1990/91
infatti i leader occidentali - George Bush, Kohl, Mitterrand e la Thatcher - in cambio delle iniziative
di Gorbačëv per mettere fine alla guerra fredda presero con quest’ultimo l’impegno che la NATO
non si sarebbe estesa verso est. A Mosca il segretario di stato statunitense James Baker promise che
la giurisdizione militare attuale della NATO non sarebbe avanzata “di un millimetro”. Documenti di
recente declassificati3 documentano questo accordo.
Molti leader dell’Europa occidentale erano al tempo favorevoli a porre le basi per una nuova grande
Europa, più autonoma rispetto agli USA. Tuttavia, con la dissoluzione dell’Unione Sovietica il
progetto paneuropeo fu abbandonato e la NATO, invece di seguire l’esempio del patto di Varsavia e
sciogliersi, da patto difensivo che era stata si riciclò in patto offensivo, rinnegando così una
promessa vitale per la Russia e resuscitando la guerra fredda che si sperava fosse definitivamente
conclusa. Fu questa la triste fine delle speranze di un nuovo ordine internazionale di pace e
collaborazione, e anche se nel 1993 Clinton fece balenare a Eltsin la possibilità di una “alleanza per
la pace”, l’Alleanza nord-atlantica continuò ad espandersi4, come si vede chiaramente dalle mappe in circolazione.
1 Claudia Berton, Terrorismo: come è NATO e chi lo USA, Dissensi
2 Firmato il 14 maggio 1955 in Polonia, il Patto - che sanciva l’alleanza politica e militare tra l’URSS e le nazioni
dell’Europa orientale - scaturiva dall’esigenza di contrastare l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO)
stabilita sei anni prima dalle democrazie occidentali alleate degli Stati Uniti, ed era anche una reazione all’ammissione
della Germania occidentale, uno dei due stati generati dalla divisione postbellica della Germania, alla NATO stessa
3 Si era detto che questa promessa non era stata messa per iscritto, ma documenti desecretati nel 2017 (cfr. sito del
National security Archive) confermano che i leader occidentali erano stati espliciti con il leader russo
4 Tra il 2004 e il 2020 i paesi membri della NATO aumentarono da 16 a 30, schierando armamenti offensivi fino ai
confini con la Federazione russa
La Russia, che dopo il crollo dell’URSS avrebbe aspirato ad essere integrata nell’Europa e dotata di meccanismi di sicurezza comuni, 5 ne è stata invece spinta ai margini e la UE, contro la sua stessa convenienza, ha preferito allinearsi nel vassallaggio agli USA . Per anni - mentre molti paesi dell’ex Patto di Varsavia venivano inglobati nella NATO - la Russia inghiottì obtorto collo questa enorme espansione in direzione orientale, ma quando nel 2008 al vertice NATO di Bucarest gli Alleati dichiararono che anche Georgia e Ucraina sarebbero in un prossimo futuro diventate paesi membri, dichiarò che questo sarebbe stato inaccettabile. Del resto, anche lo statunitense George Kennan, padre della dottrina del contenimento dell’espansionismo sovietico nel 1946 e ambasciatore a Mosca nel 1952, in un colloquio telefonico con Thomas Friedman sul New York Times il 2 maggio 1998 denunciò l’allargamento della NATO come “l’errore più fatale della politica statunitense dalla fine della seconda guerra mondiale. (…) Un tragico errore. Non c’è alcun motivo per questo. Nessuno stava minacciando nessuno. I russi non potranno che interpretare l’espansione della NATO come un’azione militare. Andranno a cercare altrove garanzie per la loro sicurezza e il loro futuro”. E nel suo libro di memorie - Duty: memoirs of a secretary at war - Robert M. Gates, ministro della difesa di George W Bush e di Obama, scrisse che “I rapporti con la Russia sono stati gestiti assai male dopo che Bush senior lasciò la casa Bianca nel 1993. (…) Cercare di portare la Georgia e l’Ucraina nella NATO fu davvero troppo. (…) Fu ignorare sconsideratamente quelli che i russi consideravano i loro vitali interessi”. Con la NATO schierata in Ucraina Mosca sarebbe sotto tiro in modo inaccettabile per una grande potenza. Vogliamo ricordare cosa accadde e come si comportò il presidente Kennedy quando nell’ottobre 1962 la Russia schierò missili a Cuba? Negli anni Putin ha fatto reiterate proposte perché la Russia fosse inclusa in politiche paneuropee e non ha mai rinunciato al dialogo. L’11 febbraio 2007, nel corso della Conferenza di Monaco sulla sicurezza, disse chiaramente che l’espansione della NATO rappresenta una grave provocazione che riduce il livello della reciproca fiducia: “Abbiamo il diritto di chiedere: contro chi è diretta questa espansione? E cosa ne è stato delle assicurazioni date dai nostri partner occidentali dopo la fine del Patto di Varsavia?”. Ancora nel 2009, il presidente propose persino un trattato per la sicurezza in Europa. Le sue proposte però sono sempre state completamente ignorate. Dopo aver ottenuto l’indipendenza nel 1991, l’Ucraina ha avuto per anni una funzione di Stato cuscinetto tra Federazione russa e Stati membri della NATO, ma con il colpo di Stato che nel 2014 ha destituito il governo legittimo la situazione è cambiata. Innanzitutto si sono varate misure repressive nei riguardi delle popolazioni russofone, a cui fra l’altro è stato impedito di usare la loro lingua. Come nel caso delle varie “primavere arabe”, non c’è dubbio che in un primo tempo anche la sollevazione nel Maidan di Kiev, iniziata nell’autunno 2013, fosse motivata da effettive recriminazioni e da autentiche, comprensibili aspirazioni del popolo, che però anche qui - come era accaduto in Nordafrica e Medio Oriente - furono ben presto alienate da trame e interessi tutt’altro
5 L’aspirazione russa a integrarsi con l’occidente risale al X secolo, ai tempi di re Vladimir che, come scrive Anna Reid, “schierò per sempre le ambizioni del Rus in Europa invece che in Asia”. Prendendo il cristianesimo da Bisanzio invece che da Roma, e unendo insieme nell’ortodossia i futuri russi, ucraini e bielorussi, li divise fatalmente dai loro vicini cattolici, i polacchi”. Cfr. Anna Reid, Borderland, ed. WestView; Heléne Richard, “Quando la Russia sognava l’Europa”, e Philippe Deschamps, “La NATO non si allargherà di un millimetro a est” in: Le Monde Diplomatique n.9 anno XXV, settembre 2018
che limpidi. La rivolta fu all’apparenza innescata dal ritiro dai negoziati per l’accordo associativo con la UE6 , ritenuto troppo gravoso per il paese7 dal presidente Yanukovyč: un personaggio certamente non limpido né inattaccabile, ma regolarmente eletto nel 2010 dal 52% degli ucraini in elezioni che gli osservatori internazionali dell’OSCE giudicarono “sufficientemente corrette”. Iniziata con manifestazioni pacifiche, la protesta presto degenerò nella violenza, con “misteriosi” cecchini che sparavano sulla folla e massacravano poliziotti: 106 furono i morti e 1.811 i feriti. Nonostante il 21 febbraio 2014 Yanukovyč si fosse accordato con l’opposizione sostenuta dall’Occidente e con tre ministri degli esteri della UE perché si tenessero nuove elezioni a breve termine, questo non fu sufficiente per i rivoltosi: una folla violenta guidata dalla milizia di estrema destra Praviy Sektor e da altri gruppi della stessa ideologia8 invase il palazzo del parlamento. Yanukovyč fuggì e il Parlamento accettò il colpo di Stato e appoggiò un nuovo governo filooccidentale9 , immediatamente riconosciuto dagli USA nonostante non avesse nessuna legittimità elettorale. Questo governo subito proibì l’uso della lingua russa su tutto il territorio nazionale. Dopo il mio viaggio a Kiev e in Crimea ero rimasta in contatto con Galya, la brava guida che avevo avuto nella capitale ucraina, e da lei ricevevo via mail la cronaca delle vicende in corso. Nel dicembre 2013, quando le inviai un articolo che attribuiva le proteste a pressioni antigovernative sotterranee da parte della NATO e della UE, Galya mi rispose: “Quel giornalista non ha capito niente degli eventi attuali. Ci siamo sollevati non tanto per la UE, ma per i valori democratici, violati dal potere corrotto e anti-ucraino. Non otterremo niente, le forze non sono pari, ma almeno stiamo cercando di dimostrare che la dignità di questo popolo non è ancora distrutta da questo regime inumano”. “Secondo molti testimoni numerosi stranieri erano stati introdotti tra la folla, con lo zampino della CIA, da gruppi filo-occidentali”, ha raccontato il regista Oliver Stone in un suo documentario. Galya però, nel nostro scambio di messaggi mail, continuava a sostenere l’innocenza e le buone ragioni dei manifestanti del Maidan e sembrava ignorare le mie velate insinuazioni che la piazza fosse stata infiltrata da personaggi tutt’altro che raccomandabili, come le squadracce dei nazionalisti del partito razzista e antisemita Svoboda10 e dei neonazisti paramilitari ultranazionalisti
6 L’ente governativo americano USAID pochi giorni prima aveva svolto un’indagine in Ucraina da cui risultava che solo il 40% della popolazione preferiva l’opzione europea: era lo specchio della divisione del paese tra filoeuropei e filorussi
7 L’accordo con la UE era infatti legato al finanziamento del controverso Fondo Monetario
8 Nel maggio 2014 venne fondato da Andriy Biletsky, noto come il Fuhrer bianco, con lo scopo principale di contrastare le crescenti attività di guerriglia dei separatisti filo-russi del Donbass il battaglione Azov, un reparto di ideologia neonazista con compiti militari e di polizia, che nell’ottobre successivo fu inquadrato nella Guardia nazionale dipendente dal Ministero degli interni e addestrato da istruttori USA e NATO. Il suo emblema è ricalcato su quello delle SS Das Reich e la formazione ideologica delle reclute è modellata su quella nazista. L’esercito ucraino è dunque l’unico in Europa ad includere nelle sue fila una formazione neonazista
9 La Commissione europea volle indagare sull’accaduto e inviò a Kiev una delegazione guidata dal ministro degli esteri estone Urmas Paet. Nonostante fosse un convinto atlantista, Paet riferì che le prove dimostravano che le vittime, sia tra i poliziotti che tra i manifestanti, erano state uccise dagli stessi cecchini, miliziani sostenitori del golpe
10 In un’ottica di rispettabilità Svoboda, che prima si chiamava partito social-nazionalista d’Ucraina, ha abbandonato il Wolfsangel (antico simbolo runico di cui si appropriarono i nazisti della divisione tedesca SS Das Reich e anche una serie di organizzazioni neofasciste europee dopo il 1945), che continua però ad essere usato, mentre il nuovo simbolo di Svoboda rievoca il tridente ucraino
di Praviy Sektor11, il “settore destro” sostenute da USA/NATO per la convergenza dei loro interessi contro la Russia. Il panzer Victoria “fuck Europe”12 Nuland - moglie del neocon Kagan e assistente segretario di stato di Hillary Clinton, fotografata tra i neonazi e mentre distribuiva pane e biscotti ai manifestanti - fu tra i promotori sul campo degli eventi, mentre il garante politico fu l’allora vicepresidente di Obama Joe Biden, che si recò in Ucraina a impartire ordini. Fu Biden a selezionare il futuro presidente ucraino, l’oligarca Poroshenko13, e a promettere aiuti ed assistenza nel settore energetico per liberare l’Ucraina dalla dipendenza economica dalla Russia. E fu sempre Biden a spingere gli ucraini a riprendere il possesso delle zone del Donbass che si erano proclamate repubbliche indipendenti nel 2015: zone ricche di materie prime e di giacimenti di gas che, non ancora completamente esplorati, fanno gola alla Burisma Holdings, la più importante società di estrazione di gas e petrolio dell’Ucraina. Come ringraziamento per il sostegno di Biden, qualche settimana dopo suo figlio Hunter fu nominato, ufficialmente come esperto legale, nel consiglio di amministrazione della Burisma con uno stipendio di 50mila dollari al mese, nonostante non parlasse la lingua e non avesse particolari esperienze nel campo energetico14 . Terra sul confine, secondo il significato del suo nome, l’Ucraina - divisa tra Russia e Polonia da metà 17° secolo alla fine del 18°, tra Russia e Austria nel 19° e tra Russia, Polonia, Cecoslovacchia e Romania tra le due guerre mondiali - è sempre stata spaccata tra la tensione verso l’Europa nella parte occidentale e quella verso il grande vicino russo in quella orientale. La Russia peraltro è simbolicamente legata a questo paese perché nacque proprio a Kiev: il suo primo nucleo infatti fu appunto il Rus di Kiev, che si formò intorno al IX secolo come confederazione di città a carattere commerciale dal Baltico al Mar Nero, guidata dalla dinastia vichinga di Rurik, che ben presto però si slavizzò. A dare il colpo finale al Rus di Kiev qualche secolo dopo sarebbero state le invasioni turco-mongole, quando Mosca era ancora un insignificante avamposto commerciale nella foresta. Negli anni venti e trenta del Novecento l’Ucraina ha subito le conseguenze peggiori della politica stalinista, con una spaventosa carestia, l’Holodomor, provocata con le requisizioni forzate dei raccolti e con la successiva persecuzione dei contadini meno poveri, i kulaki, che causò vari milioni di vittime. Durante la seconda guerra mondiale l’Ucraina fu occupata dai tedeschi, che vi sterminarono la minoranza ebraica e crearono un esercito ucraino collaborazionista: tra l’altro, 80.000 ucraini furono reclutati per far parte della Divisione Galizien delle Waffen SS. Durante l’occupazione la Crimea fu teatro di alcune tra le battaglie più sanguinose, e la città di Sebastopoli resistette eroicamente dall’ottobre 1941 fino al 4 luglio 1942, quando dovette cedere agli occupanti. Nel
11 La loro bandiera rosso-nera è quella usata a suo tempo dai collaborazionisti dei nazisti guidati da Stepan Bandera, criminale di guerra che è l’eroe di questa organizzazione, che si è distinta per il massacro nella Casa dei sindacati di Odessa il 2 maggio 2014
12 Così disse in una telefonata all’ambasciatore degli USA in Ucraina la Nuland, che si fece fotografare a braccetto con i neonazisti durante la rivolta nel Maidan e impose alla UE per l’Ucraina un proprio candidato - un neonazista vicino al battaglione Azov - dopo il cambio di regime
13 Nel 2015, nonostante quasi tutte le posizioni di responsabilità fossero occupate dai suoi sostenitori, l’indice di popolarità del presidente era sceso sotto il 20%. Tuttavia, mentre il paese sprofondava nella crisi economica la sua fortuna era aumentata di 400 milioni di dollari
14 Queste vicende, riesumate da Trump contro Biden durante la campagna elettorale del 2020, fecero scoppiare il cosiddetto Ucrainagate. Trump premette su Zelensky, il nuovo presidente ucraino, perché aprisse un’inchiesta nei confronti di Hunter Biden e dei suoi rapporti con la Burisma, ma l’inchiesta non vi fu e Trump sospese gli aiuti economici e militari all’Ucraina
1944, dopo la liberazione ad opera delle truppe sovietiche, l’intera popolazione dei tatari della penisola venne deportata con la forza da Stalin, come punizione perché gran parte della comunità aveva combattuto a fianco del Terzo Reich15 . Dopo la guerra quasi tutti i territori abitati da ucraini vennero annessi alla Repubblica Sovietica Socialista d’Ucraina, alla quale nel 1954 venne unita anche la Crimea, che dal 1783 fino ad allora aveva fatto parte della Russia. Promotore dell’unione, nel trecentesimo anniversario del Trattato di Pereyaslav tra i cosacchi ucraini e la Russia - cioè dell’unione tra i due paesi - furono Nikita Kruscev e Nikolaj Podgorny, entrambi ucraini di origine. Il dono della Crimea all’Ucraina era un gesto di conciliazione per far dimenticare agli ucraini la brutale collettivizzazione della terra negli anni Trenta, la tremenda carestia, la spietata lotta ai kulaki e il trasferimento forzato dei contadini renitenti aldilà degli Urali. Al tempo stesso era segno che la Russia aveva perdonato gli ucraini per aver accolto entusiasticamente gli invasori tedeschi. Questo gesto dimostrava anche l’importanza che lo Stato centrale attribuiva all’Ucraina per la propria sicurezza e integrità. Se la popolazione della Crimea non protestò per il “trasferimento” della penisola, fu perché questo avvenne nell’ambito dell’URSS e nessuno parve notare il cambiamento, se non quando all’improvviso per le strade iniziarono a comparire cartelli in lingua ucraina. Fu con la dissoluzione dell’URSS e l’indipendenza dell’Ucraina nel 1991 che la perdita della Crimea venne percepita come un duro colpo dai nazionalisti russi e in particolare dagli abitanti di Sebastopoli, città fortezza fin dai tempi degli zar, che aveva subito due terribili assedi - durante la guerra di Crimea nell’Ottocento e nel corso della II guerra mondiale - comportandosi con un tale eroismo che nel 1948 fu premiata con il conferimento di uno statuto speciale, acquisito con decreto del Presidium del Soviet Supremo della SFSR16. La presenza dell’importantissima base russa a Sebastopoli è una delle ragioni della forte russificazione della Crimea. “E’ un paradosso della storia che Sebastopoli, la città della gloria russa, sia fuori dalla Russia”, scrisse un poeta nazionalista. Nel 1997 tra Ucraina e Russia fu stipulato un accordo ventennale in virtù del quale Mosca aveva il diritto di dispiegare un centinaio di navi della flotta russa e 25 mila militari nella sua base di Sebastopoli, per la quale pagava all’Ucraina 100 milioni di dollari l’anno. Nel 2010 i parlamenti russo e ucraino ratificarono un nuovo accordo, che estendeva di altri 25 anni la permanenza della flotta in cambio di uno sconto del 30% sulle forniture del gas russo, per un valore complessivo di 40 miliardi di dollari: condizioni che sono radicalmente mutate dopo la caduta nel 2014 del presidente ucraino Viktor Yanukovyč. Alle pesanti intromissioni dell’amministrazione Obama nel colpo di Stato del 2014 in Ucraina la Russia rispose annettendosi la Crimea. Quasi due secoli dopo la guerra del 1853-56 - quando la Russia zarista, che aveva sperato di infliggere un colpo agli Ottomani, si era trovata a dover combattere contro una coalizione franco-britannica e il risultato delle ostilità aveva mutato lo status quo europeo - la penisola occupò nuovamente le prime pagine dei giornali. Il 23 febbraio 2014, infatti, a Sebastopoli si tennero manifestazioni a favore della Russia e il 27 truppe in divise verdi senza insegne occuparono il parlamento della Crimea, presero punti strategici della penisola e
15 Il 46% dei deportati morì per la fame e le malattie. Solo nel 1967 i tatari di Crimea vennero riabilitati, ma venne loro vietata la possibilità di tornare legalmente nella loro patria fino agli ultimi giorni dell’Unione Sovietica. Il 29 gennaio 1942 era stata deportata anche la minoranza italiana di Crimea, che si era formata a partire dal 1830 per un flusso migratorio proveniente soprattutto dalla Puglia
16 Repubblica socialista federativa sovietica russa
iistaurarono un governo filo-russo, mettendo così al sicuro la flotta a Sebastopoli. Il mese successivo un referendum, contestato dall’Occidente17 , chiese alla popolazione se voleva unirsi alla Russia come membro federale o restaurare la Costituzione della Crimea del 1992 e il proprio status come parte dell’Ucraina. Il risultato ufficiale fu che il 96,77% degli elettori e il 95,6% degli abitanti di Sebastopoli votarono a favore dell’adesione alla Federazione russa. Prendendo esempio dalla Crimea, le province a maggioranza russa di Donetsk e Luhansk nel Donbass hanno poi dichiarato unilateralmente l’indipendenza dall’Ucraina, e si è così innescata una sanguinosa guerra civile tra forze sostenute dalla Russia e forze ucraine appoggiate dagli USA. Prima del 2014 Donetsk era una delle città più benestanti e ben tenute dell’Ucraina: nel 2012, in occasione del campionato di calcio europeo che aveva ospitato, era stata dotata dell’aeroporto più moderno del paese, oggi distrutto, e di uno stadio nuovissimo che al momento viene usato come mensa dei poveri e magazzino. Sotto l’egida dell’Occidente l’Ucraina ha dunque continuato ad essere un paese gestito da oligarchi in competizione fra loro, piagato dalla corruzione, da impunità politica e da una giustizia selettiva. Delle speranze degli onesti manifestanti della prima ora del Maidan ben poco è rimasto. Pesa sul paese la separazione dalla Crimea e quella di fatto dalle ricche regioni di Donetsk e Lugansk dove, oltre a miniere di carbone, c’è - o sarebbe meglio dire c’era - una fiorente industria aerospaziale e si producevano manufatti ad alta tecnologia. L’integrazione di questa regione nel mercato dell’Unione europea significherebbe la distruzione di centinaia di migliaia di posti di lavoro altamente qualificati. D’altro canto la forte spinta a sinistra in molti settori popolari del Donbass18 perché vengano nazionalizzati settori fondamentali dell’economia e si attuino misure sociali è contrastata sia dall’oligarchia ucraina che da quella russa. La decisione del governo ucraino, appoggiato dagli Stati Uniti, di imbarcarsi nel 2014 in un’operazione militare contro le popolazioni del Donbass ha prosciugato le casse dello Stato, già saccheggiate dagli oligarchi prima e dopo il colpo di Stato del Maidan, e ha aumentato a dismisura i debiti con l’implacabile Troika e con gli USA. La situazione in Ucraina dipende dalla tensione tra la potenza oltre Atlantico e la Russia, mentre l’Europa - fino al febbraio 2022 - era più propensa a trattare perché non aveva alcun interesse a sviluppare una guerra di grandi dimensioni ai propri confini. Gli Stati Uniti, tuttavia, hanno spinto per uno scontro importante. Quando, dopo il colpo di Stato del 2014, la situazione economica in Ucraina subì un tracollo, il Fondo monetario si offrì di sostenere il paese ma, com’è suo costume, al prezzo di pesanti piani di austerità e ulteriori privatizzazioni e dell’impegno del nuovo regime a riprendere il controllo di tutto il paese. Di fatto dunque sono stati il FMI e gli Stati Uniti a spingere il regime ucraino a scatenare una sanguinosa guerra civile nel Donbass. Nel 2019 la Rand Corporation - think tank Usa fondato nel 1946 con il sostegno finanziario del Dipartimento della Difesa statunitense - in uno studio per individuare le tattiche per contrastare la Russia metteva al primo posto la necessità di fornire aiuti all’Ucraina, quindi di schierare un gran numero di forze NATO al confine con la Russia e di aumentare la
17 Tredici membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite votarono a favore di una risoluzione che dichiarasse non valido il referendum, ma la Russia pose il veto e la Cina si astenne. L’Assemblea generale dell’ONU adottò poi, con 100 voti a favore, 11 contrari e 58 astenuti, una risoluzione che dichiarava non valido il referendum e affermava l’integrità territoriale dell’Ucraina
18 Nel Donbass è sentire comune che le privatizzazioni degli anni novanta di miniere, industrie e del settore energetico siano state un furto della proprietà popolare
capacità dell'Europa di importare gas da fornitori diversi dalla Federazione russa e di incoraggiare l'emigrazione dal paese di manodopera qualificata e di giovani ben istruiti. Questo programma sembra lo specchio di quanto sta accadendo dalla fine del febbraio 2022, ed è evidente come per la realizzazione di questo programma l’invasione russa dell’Ucraina sia stata provvidenziale. E’ dunque in corso una sanguinosa guerra contro la Russia degli Stati Uniti, sostenuti da tutta la NATO, che usa l’Ucraina come campo di battaglia: una guerra per procura, dunque, come ha riconosciuto nientemeno che Leon Panetta, già direttore della CIA e poi segretario della difesa nell’amministrazione Obama. Una guerra che sarà la rovina dello Stato in cui viene combattuta. Secondo le stime dell’ONU gli ucraini vivono in media con meno di 5 dollari al giorno e per riscaldarsi pagano il 450% in più che nel passato19. Per contro, sotto i dettami della NATO sotto stretto comando USA l’esercito del paese è diventato una delle più forti potenze militari in Europa. Galya, di cui posso anche comprendere l’ostilità verso la Russia, non reagisce alla mia subliminale campagna contro l’Unione europea e gli Stati Uniti: le nostre esperienze sono diverse ed è naturale che ognuna di noi critichi ciò di cui ha fatto esperienza. Il suo entusiasmo di sette anni fa sembra però scomparso nel 2020. “Siamo poveri” - mi scrive - “(pardon, il popolo sì, ma qualche miliardario e prima di tutto quelli collegati con il settore sanitario, con il Covid sono diventati ancora più ricchi). Il governo incompetente e populista non ha un programma chiaro e trasparente. Ad esempio, adesso fa molto freddo, quasi ogni giorno fa -19° o -20°, ma all’inizio dell’anno hanno aumentato di circa il 30% le tariffe per gas ed energia elettrica. Con piccoli stipendi e pensioni i guadagni non bastano a pagare le bollette”. Da parte mia trovo ormai inutile sottolineare con lei che, nonostante l’economia debolissima e l’alto livello del debito pubblico, il suo paese continua ad aumentare le spese per l’esercito, la polizia e i servizi speciali. Nel 2020 gli esborsi per le Forze armate sono stati 9,9 miliardi di dollari: 1,3 più che nell’anno precedente. Di conseguenza, le spese sociali vengono ulteriormente ridotte: ma questa è la disgraziata prassi comune nei paesi dominati dal neoliberismo. Tuttavia, non mi trattengo dall’inviarle una mappa in cui sono indicate le basi USA/NATO collocate lungo i confini della Russia: un’eloquentissima indicazione di chi minaccia chi, che vale più di tante parole per smentire le dichiarazioni americane del “pericolo russo”. A questa mail però Galya non ha risposto. Dopo il colpo di Stato del 2014 l’Ucraina ha pesantemente ridotto il volume dell’acqua che confluisce nel canale di Crimea, costruito nel 1957, motivando l’azione con il debito della penisola per le forniture idriche. In conseguenza della scarsità d’acqua in Crimea i raccolti del 2014 sono andati distrutti. Di questo però i media occidentali mainstream non hanno fatto parola, così come hanno taciuto sull’assassinio - avvenuto due anni prima di quello in Egitto di Giulio Regeni, a lungo invece fortemente mediatizzato - del giovane fotogiornalista italiano Andrea Rocchelli, trucidato insieme all’attivista dei diritti umani russo Andrej Mironov20 mentre documentavano le brutalità commesse dal governo ucraino contro la popolazione civile del Donbass. Per il duplice omicidio fu arrestato un militante neonazista e vice comandante della Guardia nazionale21, che fu condannato in
19 Questi dati si riferiscono agli anni precedenti all’invasione russa del febbraio 2022
20 L’unico superstite del gruppo, il francese William Roguelon - che rimase irreparabilmente ferito - raccontò che erano stati colpiti da mortai e armi automatiche dalla collina di Karachun, dove erano stazionati la Guardia nazionale e l’esercito ucraino. Le ultime foto fatte da Rocchelli prima della sua morte forniscono testimonianze sulle modalità dell’attacco. La guerra del governo ucraino contro le popolazioni del Donbass ha causato, dal 2014 all’inizio del 2022, circa 14.000 vittime
21 Vitalij Markiv, che ha doppia cittadinanza, italiana e ucraina
primo grado, nel luglio 2019, dalla corte penale di Pavia a 24 anni di reclusione, inchiodato dalle foto scattate dal suo stesso cellulare e definite raccapriccianti dagli inquirenti. Dopo la condanna però il Governo ucraino ha lanciato contro l’Italia una violenta campagna mediatica in sostegno dell’assassino, insultando e minacciando la famiglia Rocchelli, la magistratura italiana e la Federazione nazionale della Stampa che al processo si era costituita parte civile. Sponsor di questa campagna sembra siano stati gli uffici dell’ambasciata USA e tanta è stata la pressione sui magistrati italiani che la sentenza è stata poi cancellata e l’assassino assolto. Poco parlarono, i nostri media, anche della strage di Odessa, dove il 2 maggio 2014 nella Casa dei Sindacati, in un rogo preceduto e seguito da linciaggi e violenze nei confronti degli aggrediti - manifestanti contrari al nuovo governo filo-occidentale, simpatizzanti filorussi e membri di partiti di estrema sinistra - trovarono la morte22 almeno 48 persone ad opera di estremisti di destra, nazionalisti filo-occidentali e neonazisti del battaglione “Azov”, reparto militare ucraino inquadrato nella Guardia nazionale e istituito con lo scopo principale di contrastare le crescenti attività di guerriglia dei separatisti delle due repubbliche russofone e russofile del Donbass. E hanno sempre taciuto, i media mainstream, sui crimini compiuti contro questa regione separatista23 mentre USA e NATO armavano e finanziavano l’Ucraina, come sul fatto che Kiev ha bombardato anche con il fosforo bianco le due repubbliche, con le quali ha rifiutato di negoziare direttamente già durante gli incontri di Minsk del settembre 2014. Accordi, quelli di Minsk, che prevedevano il riconoscimento delle due repubbliche del Donbass da parte dell’Ucraina come regioni a statuto speciale, ed erano stati firmati sotto l’egida dell’OSCE da Russia, Ucraina, Repubblica popolare di Donetsk e Repubblica popolare di Lugansk, ma purtroppo non sono stati mai applicati dal governo ucraino24 . L’OSCE più volte si è detto preoccupato per le violazioni del cessate il fuoco sul confine del Donbass e ha esortato Kiev ad osservare le disposizioni stabilite a Minsk. I suoi dati25 parlano di più di 13.000 morti fra civili e militari nel Donbass in otto anni - vittime il cui numero nel 2021 è aumentato del 46% rispetto all’anno precedente - ma non abbiamo certo avuto notizia di questi dati sui nostri media mainstream26. Come non abbiamo letto delle centinaia di edifici bombardati e distrutti. Nonostante il 27 luglio 2020 fosse entrato in vigore un cessate il fuoco globale nell’area del Donbass, gli attacchi e i bombardamenti degli insediamenti delle Repubbliche popolari oltre la linea di contatto stabilita dagli accordi di Mink sono ripresi da parte di Kiev solo pochi mesi dopo. Né abbiamo letto che dal 2014 al 2021, sempre in violazione degli accordi di Minsk, i paesi NATO hanno fornito a Kiev tonnellate di munizioni e armamenti per un valore di 2,5 miliardi di dollari, e che a fine 2021 i tre quarti dell’esercito ucraino erano concentrati sul confine con il Donbass. Non ci hanno nemmeno informato che la Russia si è seduta al tavolo per trattare con quasi tutti i presidenti e i ministri degli esteri occidentali, ma senza risultati perché nessuno di questi voleva
22 Quelli che scamparono all’incendio buttandosi dalle finestre e non morirono nella caduta, furono uccisi a colpi di fucile e bastonate. Non intervennero né la polizia né i vigili del fuoco
23 L’8 settembre 2014 il segretario generale di Amnesty International, Salil Shetty, in un incontro a Kiev col premier Yatsenyuk fece pressioni perché ponesse fine agli abusi e ai crimini di guerra compiuti dal battaglione Aidar, responsabile della lotta contro l’insurrezione filo-russa e formato da volontari che operavano con le Forze armate ucraine
24 L’anno dopo, il 12 febbraio 2015, Germania, Francia, Russia e Ucraina concordarono un nuovo cessate il fuoco, gli accordi di Minsk II, disattesi come i precedenti dall’Ucraina. Ma questo i media occidentali non l’hanno comunicato!
25 Cfr. LUISS, Sicurezza internazionale: “Donbass: OSCE preoccupato per le crescenti violazioni del cessate il fuoco”, pubblicato il 15/6/2021
26 Nessuna delle 5.588 denunce presentate dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani alla Corte europea per i diritti umani è stata accolta
davvero un accordo, e anche se la Russia offriva di demilitarizzare l’Ucraina e renderla uno Stato cuscinetto per il transito di gas e di merci, tutti continuavano a ribadire che il paese aveva il diritto di entrare nella NATO. Come scrive Manlio Dinucci27 , “In questi otto anni forze e basi USA/NATO con capacità di attacco nucleare sono state dislocate ancora più a ridosso della Russia, ignorando i ripetuti avvertimenti di Mosca. Il 15 dicembre 2021 la Federazione russa ha consegnato agli Stati Uniti un articolato progetto di trattato per disinnescare questa esplosiva situazione (Il Manifesto,“ ‘Mossa aggressiva’ russa: Mosca propone la pace”, 21 dicembre 2021). Non solo è stato anch’esso respinto ma, contemporaneamente, è cominciato lo schieramento di forze ucraine28, di fatto sotto comando USA/NATO, per un attacco su larga scala ai russi del Donbass. Da qui la decisione di Mosca di porre un alt alla escalation aggressiva USA/NATO con l’operazione militare in Ucraina”. Non ci hanno nemmeno detto, i nostri media, che per il 24 febbraio erano previsti a Ginevra tra Russia e Stati Uniti colloqui a livello di ministri degli esteri ma che tuttavia, quando la delegazione russa era già pronta a partire per la Svizzera, gli americani si sono rifiutati di prendere parte all’incontro, lasciando intendere che non avevano nulla da negoziare con la Russia. Tutti questi silenzi hanno pavimentato la via verso l’odierna guerra: una guerra che oggi si proclama sia stata causata dall’invasione dell’Ucraina da parte delle forze russe, ma che da otto anni - con l’escalation aggressiva della NATO - continua in quel Donbass filorusso che Putin - così egli afferma - è poi sceso in campo per proteggere. Scrive il professore Franco Cardini29 - di certo non un mestatore ma un osservatore imparziale e, in questi tempi in cui prevale il pensiero unico filo-atlantista, coraggioso - a proposito di tutti quelli che gridano “fermare la guerra!”: “Fermare la guerra. Era già in atto da tempo, ma ‘l’Occidente’ - questa parola infame e ambigua, che oggi sembra tornare di gran moda - non faceva nulla per ridurre il governo ucraino a più moderati consigli. Al contrario. L’aggressività di Zelensky nei confronti del Donbass si fondava sulla ferma convinzione che la NATO fosse disposta a tutto pur di mettere a punto il suo disegno di avvicinarsi varie centinaia di chilometri alla frontiera russa e installarvi i suoi missili a testata nucleare puntati su Mosca, quelli in grado di colpire a oltre 3000 chilometri. Il governo russo ammoniva severamente, poi minacciava: ma si era sicuri che non avrebbe osato. Invece, alla fine ha osato eccome. Non come aggressore, ma come a sua volta minacciato di aggressione” . Nel marzo 2014, quando la Russia si era ripresa la Crimea, Noam Chomsky aveva scritto30: “Quanto alla Crimea, faccio davvero fatica ad associarmi all’indignazione dell’Occidente. Leggo in questi giorni editoriali assurdi, a livello di guerra fredda, che accusano i russi di essere tornati sovietici, parlano di Cecoslovacchia, Afghanistan. Ma dico, scherziamo? Per un giornalista, un commentatore politico, scrivere una cosa del genere, oggi, significa avere sviluppato una capacità di
27 Il Manifesto, 1 marzo 2022
28 Nonostante l’attuale presidente ucraino Zelensky avesse di recente dichiarato che non c’era nessuna minaccia imminente da parte della Russia, è stato incoraggiato, con la promessa americana di un aiuto militare, a bombardare di nuovo il Donbass per riprenderselo e ha insistito per essere ammesso nella NATO in extremis
29 Cfr. Minima Cardiniana 367/2 Domenica 27 febbraio 2022
30 “Noam Chomsky sulla Crimea : Altro che feroce invasione!!” in : I l Manifesto, 19 marzo 2014
asservimento e subordinazione al ‘pensiero comune’ che nemmeno Orwell avrebbe potuto immaginare. Ma come si fa? Mi sembra di essere tornato ai tempi della Georgia, quando i russi, entrando in Ossezia e occupando temporaneamente parte della Georgia, fermarono quel pazzo di Shakaashvili, a sua volta (mal) ‘consigliato’ dagli Usa. I russi, all’epoca, evitarono l’estensione del conflitto, altro che ‘feroce invasione’” . Otto anni dopo, il 6 marzo 2022, il generale Paolo Inzerilli, Capo di Stato Maggiore del Sismi e per 12 anni comandante della Gladio - struttura militare segreta appartenente alla rete internazionale Stay-behind, creata per contrastare una possibile invasione nell'Europa occidentale da parte dell’Unione Sovietica - ha detto: “Credo che nessuno possa avere dubbi sul mio sentimento anti russo, però questa volta sono più dalla parte di Putin che non da quella di Zelensky. (…) La Russia, fin da quando era zarista, è sempre stato un Paese a disagio perché si è sempre sentita circondata, in qualche modo bloccata, sentivano di non avere libertà di movimento. Con l’Unione Sovietica era lo stesso, perché è stata creata la NATO contro l’eventuale espansionismo sovietico. La situazione, dunque, si è tramandata. Tutto quello che sta succedendo adesso, perciò, è sempre dovuto al fatto che la Russia, non più Unione Sovietica, ha paura, si sente circondata da Paesi ostili. E il presidente dell’Ucraina, Zelensky, a mio parere fa una dimostrazione di forza quando in effetti tutto quello che la Russia ha chiesto è la dichiarazione ufficiale di non ingresso dell’Ucraina nella NATO e la demilitarizzazione del Paese. Ecco, non mi sembrano richieste assurde, ma Zelensky non ne vuole sapere”31 . Come andrà a finire il tragico conflitto in corso fra parenti stretti come sono russi e ucraini? Quanto a me, che detesto ogni forma di violenza, osservo che le radici di ciò che accade affondano sempre nella storia passata. Così, la guerra di Crimea - l’interesse per la quale mi ha portata a suo tempo a scrivere un testo basato sul mio viaggio sulle sue tracce - mi sembra essere un primo evento che motiva la delusione della Russia nei riguardi dell’Europa e la sua percezione di essere accerchiata da potenze ostili a cui allude il generale Inzerilli. In questo spirito ripercorro oggi, con dolore e anche rabbia, i luoghi che ho conosciuto nel mio viaggio del 2013 in Crimea - splendida penisola così ricca di storia, di scontri ma anche di incontri fecondi, cantata da tanti poeti e letterati celebri - il cui popolo, insieme a quello ucraino, è ancora una volta vittima dell’implacabile, violenta macina della Storia.
31 Il Tempo.it, 6 marzo 2022