Tra Ares e Afrodite. Viaggi e storie dal Mediterraneo al Mar Nero
Piero Incagliati per Turchia Oggi
Claudia Berton, appassionata viaggiatrice e studiosa di storia
e cultura dei Paesi mediorientali, ci offre la sua ultima fatica....
e cultura dei Paesi mediorientali, ci offre la sua ultima fatica....
Claudia Berton, scrittrice.
Chiariamo subito. Quando diciamo scrittrice non ci riferiamo alle nuove romanziere che, solo perché conducono un talk show o danno consigli sulla posta del cuore, si improvvisano letterate e giù con libri che sono la quintessenza dell’insulsaggine narrativa. Claudia Berton è una storica. Ma che storica!
Ci ricorda tanto quel Cornelio di Marzio di “Viaggi senza orario” che, nel suo peregrinare per l’Europa ed i Balcani come inviato, aveva saputo bene amalgamare fatti di cronaca - attuali e non - alla descrizione delle bellezze locali, sia naturali che artistiche.
L’ultima fatica di Claudia Berton (“Tra Ares e Afrodite. Viaggi e storie dal Mediterraneo al Mar Nero”) richiede, è vero, molta attenzione per via dei continui riferimenti - con centinaia di nomi e date - ad avvenimenti che purtroppo abbiamo dimenticato e che invece faremmo bene a ricordare per comprendere meglio quello che sta succedendo oggi giorno in Medio Oriente ed altrove; credete però, lette le prime pagine, le altre scorrono velocemente. Alla fine, ci si rende conto di avere appreso più di quello che si pensasse, magari vergognandoci un poco della nostra ignoranza o perché, con il trascorrere degli anni, la memoria ci ha tradito. Soprattutto vergognandoci - riandando ai morti e agli orrori delle stragi del passato – che nulla purtroppo è cambiato giacché, per dirla con il poeta tedesco Friedrich Holderling, “la guerra appartiene alla nostra anima come verità archetipica del cosmo”.
Il libro si divide in otto parti: “Gallipoli 1915: l’antica menzogna”, “Alle pendici del Musa Dagh”, “La fontana di Bahçesaray”,”Et in Arcadia ego…”,”Sui sentieri delle Montagne Bianche”,”I segreti del Dodecanneso”,”Elogio della diversità”,”Quale memoria”. Noi abbiamo letto con vivo interesse il primo ed il terzo e se ne spiegano i motivi ritornandoci in mente le erudite lezioni che, nella notte dei tempi, ci “regalavano” di volta in volta - all'università La Sapienza di Roma - Franco Valsecchi e Mario Toscano, l’uno ordinario di Storia moderna, l’altro di Storia dei trattati.
Gallipoli, in turco Gelibolu (da non confondere con la ridente cittadina balneare della Puglia”) si trova in posizione strategica sulla sponda europea dello stretto di Dardanelli. La sua notorietà è data dalla campagna di guerra voluta ostinatamente, in quella parte dell’allora Impero ottomano, da Winston Churchill che, credendo di poter aggirare le forze degli Stati centrali dal sud-est della Turchia, portò i contingenti alleati (in particolare quelli neozelandesi ed australiani) ad una sconfitta senza precedenti.
E’ interessante come Claudia Berton riesca a far rivivere, a noi che quelle zone conosciamo bene, l’incantevole bellezza della costa, pur selvaggia e battuta dal vento del Mare Egeo, alternando frammenti di leggende e di storia, sia quando focalizza il suo scibile su Omero ed Achille sia quando si sofferma con più insistenza sul pianto del re persiano Serse poco prima della sua sconfitta ad opera degli ateniesi. A raccontarlo è Erodoto: “Mi è venuto in mente – è la sua confessione allo zio Artabano che gli chiedeva il perché di quelle lacrime – quanto penosamente breve sia la vita umana. Di questo migliaia di uomini, nemmeno uno sarà vivo tra cent’anni”. Ed altrettanto pochissimi saranno i superstiti di quella formidabile coalizione che si avventurò secoli dopo nelle terre della Crimea per dare una lezione allo czar Nicola I che voleva espandersi a scapito del traballante impero ottomano. Eppure quanto delirio, quanta eccitazione per prendere parte a quel conflitto (1853-56) che avrebbe spezzato la Santa Alleanza ed anticipato, per le sanguinose conseguenze, la prima guerra mondiale. Nei giovani c’era un tale spirito di avventura che prima non si era mai visto. Tutti volevano arruolarsi senza immaginare che buona parte sarebbe andata ad ingrossare gli ossari di Sebastopoli. Giovani esaltati forse, ma anche coraggiosi come avemmo modo di apprendere, quando eravamo ragazzi, seguendo al cinema con il fiato sospeso le immagini del film “La carica dei 600” del 1936 con Errol Flynn ed Olivia de Havilland.
Sul fronte opposto c’erano i russi e a capo l’ammiraglio Vladimir Alekseevic Kornilov che, passando un giorno in rassegna le truppe durante l’assedio, così le incitava: “Volete morire, ragazzi. Volete morire?”. E quelle rispondevano: “Lo vogliamo, eccellenza.urrah!”.
Ecco, la guerra ci spinge anche a questi gesti di coraggio. Coraggio che in fondo ci viene dalla paura di morire. Coraggiosi ad esempio lo furono,nella battaglia di Gallipoli, gli australiani che andarono incontro al loro triste destino al grido scanzonato di “imshi yallah, corri, dai”. Lo furono, in guerre più lontane o più recenti i cosacchi, i tatari, i greci, i turchi, i cristiani. Sconfitte, vittorie, rappresaglie, eccidi, stragi. Vite umane troncate nel fiorire degli anni.
Claudia Berton si sofferma con puntigliosa attenzione su tutti i grandi fatti che ebbero a fare con la storia dell’Ellade, del sud-est europeo e del Dodecanneso, forte di una preparazione scientifica che le è data, sì dai numerosissimi viaggi nei luoghi descritti, ma soprattutto dal desiderio di approfondire, attraverso ricerche bibliografiche, il suo già ricco bagaglio culturale. Quello che, oggi giorno, invece manca ai nostri politici che parlano e straparlano, specie quando affrontano temi seri come quelli inerenti alla Siria e all'Iraq, nulla sapendo però di questi Paesi, della loro storia, della loro formazione a Stato a seguito dei trattati di Sevres e di Losanna firmati Turchia dopo la sua sconfitta nella prima guerra mondiale. Trattati peraltro che non tennero in alcun conto le etnie di intere popolazioni forzate a spostarsi, al di là e al di qua dei nuovi confini. Profughi allora, profughi oggi; le tragedie di ieri e le tragedie attuali. Il grande circo del resto è fatto sempre dalla fotocopia degli stessi burattinai, sia che si chiamino russi, inglesi, francesi, tedeschi, americani.
Questa è la storia. I nostri studenti, notoriamente digiuni di tutto ciò che è passato, avrebbero di che documentarsi su testi come quello che ci propone Claudia Berton e allora potrebbero capire quali sofferenze ebbero a soffrire gli armeni durante il viaggio della morte verso Adana in Anatolia, quali e quante furono le stragi perpetrate da questi per vendetta nei confronti dei turchi. E potrebbero anche rendersi conto del perché gli odii tra le due genti non siano ancora sepolti. L’amore predicato dall’attuale Pontefice che anela alla pace è comunque un’utopia. Potranno mai i greci dimenticare gli eccidi compiuti dalla Wehrmacht durante il secondo conflitto mondiale? Ne dubitiamo. E, per rimanere in tema, cosa potranno sentire i superstiti di quelle fazioni estreme che insanguinarono nell’immediato dopoguerra con operazioni di guerriglia e controguerriglia, sempre in Grecia, intere regioni? I recentissimi fatti di Parigi giustamente provocano orrore ma era appena ieri quando in questo Paese i “terroristi rossi” e i “terroristi bianchi” si scannavano a vicenda.
Scannarsi, brutta parola. Ma non è quello che sta succedendo in Medio Oriente, in Siria, in Iraq, in Libia? A tirare le fila - Califfato a parte - le grandi potenze, vuoi per interessi economici, vuoi per leadership strategiche (vedi Putin che minaccia di ricorrere ai missili nucleari). Ed allora non ci resta che riprendere il viaggio con Claudia Berton e portarci nella terra dell’Hatay (Turchia) dove nacquero Abramo e Paolo di Tarso, dove si dice che il profeta Mosè si sarebbe incontrato con il Khidr, e dove - tra le tante cose suggestive da vedere – si può ammirare il tunnel voluto dall’imperatore romano Vespasiano, poi completato dal figlio Tito: un’opera titanica – annota la nostra scrittrice – scavata nella pietra per imbrigliare verso il mare le acque dei torrenti del Musa Dagh, prevenendo pertanto inondazioni nella sottostante Seleucia.
Ultima tappa, Alessandria d’Egitto. Altri luoghi, altri nomi: Nasser, Faruk, Ungaretti, Caccia Dominioni.
Dominioni ci riporta ad El Alamein, alla battaglia tra le Forze dell’Asse e quelle Alleate. Ancora una volta ai morti. Sono sepolti in tre grandi sacrari militari: italiano, germanico, del Commonwealth. Nel deserto la melodia de “Il Silenzio” tocca il cuore. Ci ricorda la poesia di un bambino di una V elementare di Acquaviva dedicata “Ai nostri soldati”:
Cari guerrieri, alla guerra siete andati
ma alcuni di voi a casa non sono tornati.
Madri e padri dal dolore le loro carni si sono straziati….
Gentile Claudia, a te un “grazie” sentito per le belle pagine. Leggendole, ci hai dato motivo per qualche riflessione.
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Chiariamo subito. Quando diciamo scrittrice non ci riferiamo alle nuove romanziere che, solo perché conducono un talk show o danno consigli sulla posta del cuore, si improvvisano letterate e giù con libri che sono la quintessenza dell’insulsaggine narrativa. Claudia Berton è una storica. Ma che storica!
Ci ricorda tanto quel Cornelio di Marzio di “Viaggi senza orario” che, nel suo peregrinare per l’Europa ed i Balcani come inviato, aveva saputo bene amalgamare fatti di cronaca - attuali e non - alla descrizione delle bellezze locali, sia naturali che artistiche.
L’ultima fatica di Claudia Berton (“Tra Ares e Afrodite. Viaggi e storie dal Mediterraneo al Mar Nero”) richiede, è vero, molta attenzione per via dei continui riferimenti - con centinaia di nomi e date - ad avvenimenti che purtroppo abbiamo dimenticato e che invece faremmo bene a ricordare per comprendere meglio quello che sta succedendo oggi giorno in Medio Oriente ed altrove; credete però, lette le prime pagine, le altre scorrono velocemente. Alla fine, ci si rende conto di avere appreso più di quello che si pensasse, magari vergognandoci un poco della nostra ignoranza o perché, con il trascorrere degli anni, la memoria ci ha tradito. Soprattutto vergognandoci - riandando ai morti e agli orrori delle stragi del passato – che nulla purtroppo è cambiato giacché, per dirla con il poeta tedesco Friedrich Holderling, “la guerra appartiene alla nostra anima come verità archetipica del cosmo”.
Il libro si divide in otto parti: “Gallipoli 1915: l’antica menzogna”, “Alle pendici del Musa Dagh”, “La fontana di Bahçesaray”,”Et in Arcadia ego…”,”Sui sentieri delle Montagne Bianche”,”I segreti del Dodecanneso”,”Elogio della diversità”,”Quale memoria”. Noi abbiamo letto con vivo interesse il primo ed il terzo e se ne spiegano i motivi ritornandoci in mente le erudite lezioni che, nella notte dei tempi, ci “regalavano” di volta in volta - all'università La Sapienza di Roma - Franco Valsecchi e Mario Toscano, l’uno ordinario di Storia moderna, l’altro di Storia dei trattati.
Gallipoli, in turco Gelibolu (da non confondere con la ridente cittadina balneare della Puglia”) si trova in posizione strategica sulla sponda europea dello stretto di Dardanelli. La sua notorietà è data dalla campagna di guerra voluta ostinatamente, in quella parte dell’allora Impero ottomano, da Winston Churchill che, credendo di poter aggirare le forze degli Stati centrali dal sud-est della Turchia, portò i contingenti alleati (in particolare quelli neozelandesi ed australiani) ad una sconfitta senza precedenti.
E’ interessante come Claudia Berton riesca a far rivivere, a noi che quelle zone conosciamo bene, l’incantevole bellezza della costa, pur selvaggia e battuta dal vento del Mare Egeo, alternando frammenti di leggende e di storia, sia quando focalizza il suo scibile su Omero ed Achille sia quando si sofferma con più insistenza sul pianto del re persiano Serse poco prima della sua sconfitta ad opera degli ateniesi. A raccontarlo è Erodoto: “Mi è venuto in mente – è la sua confessione allo zio Artabano che gli chiedeva il perché di quelle lacrime – quanto penosamente breve sia la vita umana. Di questo migliaia di uomini, nemmeno uno sarà vivo tra cent’anni”. Ed altrettanto pochissimi saranno i superstiti di quella formidabile coalizione che si avventurò secoli dopo nelle terre della Crimea per dare una lezione allo czar Nicola I che voleva espandersi a scapito del traballante impero ottomano. Eppure quanto delirio, quanta eccitazione per prendere parte a quel conflitto (1853-56) che avrebbe spezzato la Santa Alleanza ed anticipato, per le sanguinose conseguenze, la prima guerra mondiale. Nei giovani c’era un tale spirito di avventura che prima non si era mai visto. Tutti volevano arruolarsi senza immaginare che buona parte sarebbe andata ad ingrossare gli ossari di Sebastopoli. Giovani esaltati forse, ma anche coraggiosi come avemmo modo di apprendere, quando eravamo ragazzi, seguendo al cinema con il fiato sospeso le immagini del film “La carica dei 600” del 1936 con Errol Flynn ed Olivia de Havilland.
Sul fronte opposto c’erano i russi e a capo l’ammiraglio Vladimir Alekseevic Kornilov che, passando un giorno in rassegna le truppe durante l’assedio, così le incitava: “Volete morire, ragazzi. Volete morire?”. E quelle rispondevano: “Lo vogliamo, eccellenza.urrah!”.
Ecco, la guerra ci spinge anche a questi gesti di coraggio. Coraggio che in fondo ci viene dalla paura di morire. Coraggiosi ad esempio lo furono,nella battaglia di Gallipoli, gli australiani che andarono incontro al loro triste destino al grido scanzonato di “imshi yallah, corri, dai”. Lo furono, in guerre più lontane o più recenti i cosacchi, i tatari, i greci, i turchi, i cristiani. Sconfitte, vittorie, rappresaglie, eccidi, stragi. Vite umane troncate nel fiorire degli anni.
Claudia Berton si sofferma con puntigliosa attenzione su tutti i grandi fatti che ebbero a fare con la storia dell’Ellade, del sud-est europeo e del Dodecanneso, forte di una preparazione scientifica che le è data, sì dai numerosissimi viaggi nei luoghi descritti, ma soprattutto dal desiderio di approfondire, attraverso ricerche bibliografiche, il suo già ricco bagaglio culturale. Quello che, oggi giorno, invece manca ai nostri politici che parlano e straparlano, specie quando affrontano temi seri come quelli inerenti alla Siria e all'Iraq, nulla sapendo però di questi Paesi, della loro storia, della loro formazione a Stato a seguito dei trattati di Sevres e di Losanna firmati Turchia dopo la sua sconfitta nella prima guerra mondiale. Trattati peraltro che non tennero in alcun conto le etnie di intere popolazioni forzate a spostarsi, al di là e al di qua dei nuovi confini. Profughi allora, profughi oggi; le tragedie di ieri e le tragedie attuali. Il grande circo del resto è fatto sempre dalla fotocopia degli stessi burattinai, sia che si chiamino russi, inglesi, francesi, tedeschi, americani.
Questa è la storia. I nostri studenti, notoriamente digiuni di tutto ciò che è passato, avrebbero di che documentarsi su testi come quello che ci propone Claudia Berton e allora potrebbero capire quali sofferenze ebbero a soffrire gli armeni durante il viaggio della morte verso Adana in Anatolia, quali e quante furono le stragi perpetrate da questi per vendetta nei confronti dei turchi. E potrebbero anche rendersi conto del perché gli odii tra le due genti non siano ancora sepolti. L’amore predicato dall’attuale Pontefice che anela alla pace è comunque un’utopia. Potranno mai i greci dimenticare gli eccidi compiuti dalla Wehrmacht durante il secondo conflitto mondiale? Ne dubitiamo. E, per rimanere in tema, cosa potranno sentire i superstiti di quelle fazioni estreme che insanguinarono nell’immediato dopoguerra con operazioni di guerriglia e controguerriglia, sempre in Grecia, intere regioni? I recentissimi fatti di Parigi giustamente provocano orrore ma era appena ieri quando in questo Paese i “terroristi rossi” e i “terroristi bianchi” si scannavano a vicenda.
Scannarsi, brutta parola. Ma non è quello che sta succedendo in Medio Oriente, in Siria, in Iraq, in Libia? A tirare le fila - Califfato a parte - le grandi potenze, vuoi per interessi economici, vuoi per leadership strategiche (vedi Putin che minaccia di ricorrere ai missili nucleari). Ed allora non ci resta che riprendere il viaggio con Claudia Berton e portarci nella terra dell’Hatay (Turchia) dove nacquero Abramo e Paolo di Tarso, dove si dice che il profeta Mosè si sarebbe incontrato con il Khidr, e dove - tra le tante cose suggestive da vedere – si può ammirare il tunnel voluto dall’imperatore romano Vespasiano, poi completato dal figlio Tito: un’opera titanica – annota la nostra scrittrice – scavata nella pietra per imbrigliare verso il mare le acque dei torrenti del Musa Dagh, prevenendo pertanto inondazioni nella sottostante Seleucia.
Ultima tappa, Alessandria d’Egitto. Altri luoghi, altri nomi: Nasser, Faruk, Ungaretti, Caccia Dominioni.
Dominioni ci riporta ad El Alamein, alla battaglia tra le Forze dell’Asse e quelle Alleate. Ancora una volta ai morti. Sono sepolti in tre grandi sacrari militari: italiano, germanico, del Commonwealth. Nel deserto la melodia de “Il Silenzio” tocca il cuore. Ci ricorda la poesia di un bambino di una V elementare di Acquaviva dedicata “Ai nostri soldati”:
Cari guerrieri, alla guerra siete andati
ma alcuni di voi a casa non sono tornati.
Madri e padri dal dolore le loro carni si sono straziati….
Gentile Claudia, a te un “grazie” sentito per le belle pagine. Leggendole, ci hai dato motivo per qualche riflessione.
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Claudia Berton "Tra Ares e Afrodite
Viaggi e storie dal Mediterraneo al Mar Nero"
Prospettivaeditrice pagg. 368 euro 18,00
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