Articolo da 'Turchia Oggi' Clicca per leggere brani del testo
Sia pure con molto ritardo – e di questo chiediamo scusa tanto alle <Edizioni Diabasis> quanto alla signora Claudia Berton che ci aveva inviato nel giugno scorso l’ultima sua fatica – abbiamo preso in mano il libro dal titolo “Ponti sull’Egeo, viaggi e storie tra Grecia e Turchia” e ci siamo dati alla lettura delle 465 pagine.
Pagine peraltro che abbiamo assaporato con estremo piacere e, diciamolo anche, con una certa fatica. Non è stato facile, infatti, tenere dietro ai tanti fatti ed avvenimenti ricordati dalla scrittrice, legati per lo più ad uno dei periodi più tragici e sanguinosi dell’ultimo periodo dell’Impero ottomano e della sua caduta dopo la sconfitta nella I° Guerra Mondiale ad opera degli Stati alleati. Eppure non siamo del tutto digiuni di storia turca e di Asia Minore in genere! Se non fosse che la nostra affermazione potrebbe risultare gratuita e magari offensiva, ci verrebbe da dire che con il suo <Ponti sull’Egeo..”, Claudia Berton ha offeso l’ignoranza. Con questo vogliamo sottolineare come – di fronte alla bassissima cultura sia della gioventù attuale sia della classe dirigente che ci governa – parlare dei tanti motivi che portarono varie etnie, vissute per secoli in perfetta armonia sotto la Sublime Porta scannarsi a vicenda, diventerebbe per la maggior parte dei lettori una sorte di sofferenza mettere mano a “Ponti sull’Egeo…”non sapendo neppure chi sia stato Kemal Ataturk e quali cambiamenti avesse apportato il trattato di Losanna successivo a quello di Sèvres. A parte le debite eccezioni, s’intende. L’invito pertanto che facciamo a chi si volesse accostarsi al libro è di farlo scorrendo il testo senza fretta, pagina su pagina, magari ritornando indietro nella lettura per fissare meglio nella memoria tutti i riferimenti legati ad un passato per certi versi ancora oscuro e circa il quale Claudia Berton ha messo in evidenza tutta la sua competenza storico-analitica, senza per questo essere una noiosa accademica. Solo così si potrà capire, ad esempio, cosa significasse essere romei ed armeni, ortodossi e musulmani, greci e turchi in un’epoca in cui il nazionalismo nascente avrebbe trasformato ben presto quelle che erano comunità amiche in acerrimi nemici là dove il senso di patria aveva ben poco a che vedere. Solo così si potrà capire cosa sia stato cancellare un passato, “inventandosi radici etniche pure ed una precisa identità, cacciando con uno scambio dii popolazioni di portata epica i propri conterranei solo perché praticavano una diversa religione, trincerandosi dentro confini disegnati dalla politica”. Claudia Berton prende spunto da un suo viaggio in Tracia, e da qui in Macedona ed Anatolia fino a Cipro, per ripercorrere a distanza di anni luoghi già visti ma con occhi diversi, probabilmente più critici di quelli di un tempo, per arrivare alla conclusione che niente sia mutato nel tempo attuale dalle stragi compiute, nel primo ventennio del secolo scorso, ora dagli uni ora dagli altri. I fuggiaschi di ieri, i bambini morti, le donne stuprate, in fondo sono i disperati di oggi. Annota la scrittrice: “Sì, nonostante il preteso ‘progresso’ odierno, viviamo ancora – e senza nessuna giustificazione – in una civiltà di morte. Ognuno interpreta il proprio ruolo, ombra fra le ombre, nella rappresentazione del grande Karaghiozis che si ripete sempre con lo stesso canovaccio”. Karaghiozis, per chi non lo sapesse, è il personaggio principale del teatro d’ombre greco che si sviluppa nella Turchia ottomana intorno al sedicesimo secolo e si diffonde dal Magreb ai Balcani. E a proposito di Balcani. Cosa sapete degli Anastenaridi? Ce lo spiega, proprio all’inizio del libro, la Berton illuminando la nostra evidente ignoranza all’oscuro che gli Anastenaridi fossero i discendenti dei rifugiati greci della Tracia orientale ed in particolare di Kosti, attualmente in Bulgaria. Ma di quante altre cose eravamo all’oscuro prima di leggere “Ponti sull’Egeo”! Forse che qualcuno ci aveva parlato dei Cabiri? O dei Sarakatsani, per alcuni diretti discendenti dalle tribù doriche giunte tremila anni fa in quella che è la Grecia moderna, per altri yuruk turcomanni convertiti al cristianesimo? Quante, quante storie? Tutte ad ogni modo che ci riportano ad un mondo, lontano e vicino al tempo stesso, bello e crudele, affascinante e sanguinario; mondo nel quale la mitologia la faceva da padrone e le leggende volavano da una sponda all’altra anche se raccontate in modo diverso a seconda di chi era preposto a divulgarle. A noi piace ripercorrere, presi per mano da Claudia Berton, le vicende travagliate di Adrianoupoli-Edirne, quelle del sultano Murat II da cui nacque Mehmet il Conquistatore di Costantinopoli, la proposta fatta da Bajazi II a Leonardo da Vinci perché costruisse un ponte sul Corno d’oro (il progetto, ritenuto troppo ardito, fu respinto), i saccheggi dei nazionalisti di turno, i riferimenti ad Alessandro Magno, “immancabile eroe nella letteratura islamica sotto il nome di Dhu al- Qurnein, e quelli alla Grande Guerra con i suoi massacri e le sue menzogne. Potremmo ancora andare avanti ma preferiamo fermarci qui. Ai nostri pochi internauti che ci seguono, l’invito a procurarsi il libro della Berton. Il costo non è superiore a quello di una margherita in pizzeria, con il guadagno di avere fatto un passo in avanti nella strada dell’apprendimento. Basterebbe un capoverso del libro per insegnarci tante cose, su questioni tra l’altro attualissime come quelle relative al cristianesimo e all’islam. Prendendo spunto dalla guerra greco-turca del 1919-22, Claudia Berton si rifà al corrispondente inglese del <Manchester Guardian>, Arnond J. Toynbee, per riprendere un passo emblematico là dove questi confuta la tesi secondo la quale i greci hanno per padre Elleno figlio di Deucalione mentre l’innominabile turco è un nomade delle steppe che condivide l’odio degli sciiti, dei mongoli e degli unni. “Questa – così Toynbee - è la stupidaggine più grossa di tutte – Se è una questione di trasmissione fisica, i greci nostri contemporanei hanno tanto poco sangue ellenico nelle vene quanto ne hanno di nomadico i nostri contemporanei turchi. Se si tratta di eredità spirituale, spero di aver dimostrato sufficientemente che la civiltà ellenica degli antichi greci e la civiltà dei greci di oggi sono totalmente distinte l’una dall’altra, che noi occidentali possiamo rivendicare di essere i discendenti spirituali dei veri elleni tanto quanto qualsiasi abitante del vicino Oriente, e che c’è un chiaro ceppo di ellenismo anche nella cultura ottomana”. Toynbee non poteva essere più chiaro. |